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Di cento icone in forgia greve,
splendente acciaro, bronzo e oro,
in magistrali forme di cesello
gli elementi e Sole e Luna,
inargentate costellazioni,
la vita intera di uomini e cittá,
nell'intreccio capriccioso
degli onnipresenti Dei,
nell'egida inclita e divina
che al mio possente braccio
è monito e invincibile difesa,
a bilanciare lancia ponderosa,
senza eguale nella contesa,
e la spada di feroce taglio
a sembrar viva nella mano.
Ondeggia a scherno il crine,
in dorato riflesso di maggese,
sull'elmo lucente a maschera
di terrore e sicura morte
a chi guardarlo in fronte osa.
Su carro da guerra tremendo
avanzo a mietere gli eroi,
come spighe che separano
la testa dallo stelo esile,
quasi offrendosi al destino
del bacio freddo della lama,
che impietosa canta morte.
E nascosti nella nebbia, gli Dei.