Il bocciolo che innocentemente si offre
E s’apre di velluto e miele in un rosso morbido
Selvaggiamente si trasfigura in artiglio
Trafiggendo il labbro proteso di spina e cristallo
Di caldo rifugio in minacciosa fiera
D’occhio iniettato e spalancate fauci
Che non trova pace e si contorce nella pelle vorace
Che si consuma in vento di fuoco, in luce e poi in brace
Sino a mischiare petalo e cenere, nettare brivido e dolore
Che riempie l’aria di nuova sete, promette divina dannazione
Confonde brama e meta, di volta in volta muta, ricatto e ferita,
Profilo che ansima lento e pieno sotto l’abito rosso di sottile seta.