PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 29/03/2004
Mi sono seduto sulla panchina come una volta
nei luoghi dove sono nato
non c’è nulla di più dolce e triste dei ricordi lontani.
Tutto è rimasto invariato nel tempo
ho rivisto la fontana, il vecchio forno, l’asilo materno
il mio bar preferito, quante partite a bigliardo
una visita al cimitero, i miei cari nonni, come dimenticarli.
Osservo i bimbi che corrono dietro un pallone
con una porta improvvisata, rivedo me in quella partitella.
Il passato mi cammina davanti, e tu vieni verso me
niente fa più male di te, quel primo amore mai dimenticato
e sei ancora bella, passano gli anni nemici.
Bella eri davvero
quando ero un ragazzo, il tuo corpo adolescente
m’appariva come quello di una Dea
odoravi di frutta acerba.
A quel tempo eravamo giovani e innocenti
ricordo lo stupore quando per la prima volta
mi sono chinato su di te
e io m’accorsi che sussultavi come chi singhiozza
ancora conservo il diario dove scrissi t’amo.
Ci siamo guardati a lungo, non è vero che siamo felici
se potessi ti stringerei ancora, la tua voce di donna è bella
solo poche parole, ma quello che mi dici
mi penetra e mi fa tremare come una foglia.
Un ragazzo e un uomo s’avvicinano, tuo figlio e tuo marito.
Vent’anni come gli anni che lasciai il paese, un sogno
perso su un autobus che mi portò lontano con la mente
e non seppi mai che il tuo grembo iniziò a crescere.
Figlio mio, vittima innocente di un giorno che sciupammo via.
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