al di qua del bene e del male sedevo,
il mondo da una finestra vedevo,
dal telegiornale m'informavo a tratti
dell'umanità e dei suoi misfatti
sì è vero, scorgevo anch'io
il tramonto ingropparsi l'orizzonte
e trasformare l'indifferente pulviscolo
in una colata d'oro
allora facevo cattivi pensieri
che mi parevano stupendamente decorativi
ero così tenero nei loro confronti
da chiamarli per nome persino
una notte odo il richiamo d'una voce
dilaniarsi nell'aere fino a me
crocifiggendosi in maniera atroce
su venti, i vuoti d'aria e il saliscendi
fresco e vagamente
odoroso delle correnti
si accende - come una bomba in mezzo ad un comizio -
una fiammella che il mio petto
ignorava di possedere dentro
e questo qualcosa mi trascina
in ginocchio alla finestra, biascicavo
le sure del Corano in latino
con la bava alla bocca e una magnifica
epilessia istantanea
chi mi chiamava? dall'alta torre illuminata
così lontana nel ventre della città sterminata
quale voce si levava?
l'imam Mohamed
faceva i gargarismi
e allora vidi un angelo di luce
e di velluto planarmi addosso
direttamente attraverso il muro,
piantarmi nel miocardio le sue lame di devozione
e trascinare il mio subconscio nei regni
celesti di sublime pace, e amore
nacque allora in me per tutte le creature