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Pubblicata il 14/01/2002
La mela marcia sta sul tavolo
imbandito per la festa
fuori v'è già chi prepara
il mio giardino al digiuno
e sfoltisce i rami secchi.
Verranno genti da lontano
alla mia casta mensa,
ma gli angoli della mia remota
dimora figlia del buio
non conoscono strade
nè viali.

Genti che venite da lontano
camminando tra opere e finzioni
uomini-talpe dei fondali ignoti
del mare dove tace il cielo
troverete la mia buia dimora circondata
dagli angoli remoti della terra?
in forma d'anguilla recate a me
l'oblio degli abissi
diacci,
recatemi il vento siberiano
affinchè i palmizi
che popolano questo giardino di vetro
possano morire,
recatemi lo spiro che soffia dal mare, il sacro vento
creature di settentrione
creature nivee dei boschi
creature dei fondali, di vento
di mare, di gelo
ché io conosco soltanto il silenzio
del buio
- quando verrete sarò pronto -

*

Mi muovo cauto tra muro e muro
scruto, sto all'erta, ascolto
fruscii insinuarsi tra le mura
porose di roccia
e più l'attesa si fa lunga
più si paca.

La finestra
bifora è sbarrata
e il ferro
ormai vizzo crea un gioco
di quadri che s'intarsiano;
fuori infuria il vento siderale
piegando le palme dalle molte braccia;
oltre la cancellata
fino alla rotondeggiante linea dell'orizzonte
si stendono rosse le rocce in forma
di crepa, di valle, di cono
o di monte.
Impervio è il non-moto cui m'appresto,
immobile cammino
tra viali di dolore e lagune cupe
d'attesa
- se giungerete sarò desto -

*

Genti che giungeste
venendo da lontano
la porta di casa è sprangata
da dentro
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