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Pubblicata il 13/02/2004
28

Ma quella finestra
che mi confortò in vita
mi è ora opprimente;
cieco occhio
sul marciume del mondo.
La stanza che fu del mio mondo
mi sembra rimpicciolita.
Le pareti schiacciarmi.
Il soffitto
ora
a pochi centimetri dalla mia testa,
Non respiro
Non riesco.
Ed ancora ostina il suo avvicinamento
togliendomi l’aria
già rarefatta dalle paludi in terra.
Steso in una bara di pietra
senza respiro cerco di mettermi di lato.
Non respiro.
Lo spazio non lo permette.
Il tempo non lo permette.
E giaccio supino
aspettando che la carne marcisca.
Non respiro.
Fetore di morte e decadimento
mi penetra nelle narici
bruciandomi i polmoni.
Un senso di nausea
e conati di vomito
si presentano alla bocca
ricordandomi di essere ancora vivo
e che la sofferenza non è finita.
Ed ancora,
lo spazio diminuisce
portandomi via aria;
bloccato mani e piedi
come un nazareno in croce.
Non respiro.
Non riesco.
Il capo reclinato di lato
e la bocca spalancata
in un urlo senza suoni.
Metri e metri di terra
mi sovrastano
in un immoto senso di rassegnazione.
Sento vermi rosicchiare il legno
intorno a me
fino ad arrivare alla carne
senza rallentare
o fermarsi.
Non respiro.
Gocce di sangue
macchiano il velluto bianco.
Gocce di vita
si depositano sulla distesa erbosa dell’Eden.






29

Ride l’assassino del suo boccale di sangue,
ride il contadino del suo piatto di fango,
ride l’innamorato del suo calice di lacrime.

Ride l’assassino del suo boccale di sangue.
Gli occhi freddi fissi sull’impercettibile movimento del vino
nella locanda seduto, il coltello macchiato.
Fermo in rimembranze di giorni e uomini passati.
Ride l’assassino e vorrebbe piangere
ma è invero la persona con meno motivi per piangere.

Ride il contadino del suo piatto di fango.
Gli occhi gonfi posati sul prodotto della sua fatica.
Le unghie sporche di terra viva e pulsante.
Le ossa rotte e la pelle scalfita e sanguinante.
Ride il contadino e vorrebbe piangere
ma è invero la persona con meno motivi per piangere.

Ride l’innamorato del suo calice di lacrime.
Gli occhi socchiusi sul suo cuore scoperto.
L’anima lacerata e perduta
persa in castelli e sogni mai avverati.
Ride l’innamorato e vorrebbe piangere.
Ma è invero la persona con meno motivi per piangere.



30

Gioielli gettati in torbide acque
da mani di folli in preda a crisi di pazzia
gemme preziose come poche lasciate nella putredine
raccolte da rozze mani e da promesse di sogno.

Il paziente guarito resta accanto alla finestra,
sole rosso del tramonto,
colore accarezza la sua pelle,
bianco specchio di immoti mondi.

Nelle mani ancora il calore di quelle gemme,
ma non è quello il tepore di cui egli ha bisogno,
nuovo e diverso appare ora al contatto
di nuova immensa luce ora rifulge.

Innominabile scempio di degrado e distruzione.
Follia del momento e concepimento del troppo tardi.

Il sangue verserebbe il guarito
se servisse a lavare la terra ed il fango.


31

Dio
disegnò il tuo ritratto
con infinito ardore.
Graziando di sfumature infinite i tuoi occhi…
Ma ciò che vivesti
in questa terra
che io ora maledico
ti portò alla follia.
Una vita privata del suo pensiero;
esiste nulla di più triste?
Ciò che desti alla terra
lei ti ridiede in senso opposto.
La corruzione degli uomini
contaminò la tua purezza.
Maledico questo mondo
e ciò che ne fa parte.
Mai avresti dovuto essere contagiata,
mai avresti dovuto vivere.
Unica ineguale fantasia di spiriti eletti.
Mentre ti contorci,
nella polvere,
gridando al nulla nessuna parola,
sporca ed arruffata nella tua perfezione,
compiango te e me stesso
e la comprensione…
sangue alla bocca
bagna le labbra
di gocce purpuree
e le fa disperdere nella polvere.

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28-messo in croce..irenegiulia
29-lacrimose e rotte rimenbranze di vita,rimembranze di sangue...erenegiulia
30-folli gettati e terra e fango...irenegiulia
31-e ti contorci e gridi al nulla..irenegiulia
versi di forte impatto emotivo ,sofferenza umana in palcoscenico grida...irenegiulia

il 13/02/2004 alle 11:37