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Pubblicata il 06/02/2004
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The Ballad Of A Fallen Angel

È buffo…
Come la massa parli senza impedimenti della libertà…
Dissertazioni a riguardo di un tema sconosciuto.
Un inciso di poche battute.
Così ingabbiati ed aggiogati nelle spire della società,
ingoffiti nel guano dell’uguaglianza e del conformismo.
Un’esistenza passata ad oppugnare il confutato dai singoli
ed ad esaltare il confutato dall’insieme.
Si promuovono alfieri del libero arbitrio,
mentre non sono altro che inutili servi.
Condizionati da ciò che considerano il tutto.
Facile per loro diviene quindi dirsi liberi…
Ma liberi non sono!
Ciò che operano è il già operato.
Ciò che creano è il già creato.
Ciò che pensano è il già pensato.
E la loro reazione all’oscuro è violenta…
Una vita passata indossando la maschera della freddezza,
il riso vista una debolezza,
la gentilezza vista come un’aberrante malformazione.
Uguaglianza è il loro cimiero ed il loro vessillo.
Io sputo su tale pennacchio,
lo brucio intonando cori al cielo in segno di sfida.
Stupidità ed ottusità contraddistinguono l’oggi.
Che ne fu di coloro che misero in croce il loro stesso dio,
azione della volontà.
Dio è più vivo che mai per questi credenti mistificatori,
che bestemmiano ad ogni preghiera.
Maledico le chiese, le fedi, gl’imbrigliatori dell’animo.
Esecro i falsi profeti all’ordine del giorno.
Avverso questa pietraia inaridita ed inacidita.
Ed allora io qui reclamo la mia umanità.
Ed allora io qui reclamo la mia unicità ed il mio valore.
Voglio ridere e far mattane…
E voglio sbeffeggiare tutti questi morti che ancora camminano.
Prendermi gioco di loro, delle loro istituzioni e credenze,
della loro presunta superiorità.
L’uguaglianza è solo un miraggio.
Duro sarà tutto questo da sopportare,
ma uno specchio fa sempre male;
molto meglio un muro che ti dica cosa fare ,
che ti dica ciò che è giusto e ciò che è sbagliato,
che ti guidi, che ti conduca dove vuole lui…
così non possiedi responsabilità.
E questo specchio che vi fa tanto terrore
prorompe ora con ira…
Guardatevi e capite!
Vana speranza! Chiuderete gli occhi al riflesso!
Ma la consapevolezza s’insinuerà nei vostri spiriti.
Ed allora sarete voi i folli e noi gli uomini.
Create un unico individuo unendo i vostri corpi,
avete a buon ragione paura di colui che è individuo unicamente col suo corpo.
E così io inchiodo un’altra volta il dio ed il figlio sulla croce…
La libertà è nostra
e noi potremo dire:
“Io sono Io”
e non “Io sono Noi”.
Qui ricomincia la dignità umana.
Qui ricomincia la libertà umana.
Qui ricomincia l’umanità stessa.
Tenetevi la vostra ipocrita carità,
il vostro amore per il prossimo (che è solo amore per voi stessi),
la vostra compassione ed il vostro altruismo (mai disinteressato).
Ma più di tutto tenetevi la vostra indulgenza.
Non voglio essere perdonato da voi.
Opere fatte nel segno della croce le sdegno
come sdegno le opere fatte nel nome di qualsiasi divinità.
Patetico è il vostro buonismo ed il vostro perbenismo,
non sapete vivere autonomamente e preferite quindi farvi dire come vivere.
Le piccole libertà che credete di conquistarvi sono soltanto miraggi
già preventivati dal grande ingranaggio.
Così impossibilitati a solvere i vostri stessi problemi
da volgere tale servilismo a terzi.
Voi tutti, nessuno escluso,
dalla vecchia che vede in un dio ormai agonizzante la sua libertà,
dal giovane che vede nella compagnia di altri giovani la sua libertà,
dall’idealista che vede nell’uguaglianza la sua libertà
a tutti coloro che scelgono una via di massa come scappatoia.
Poiché questo è:
una scappatoia.
E lasciatemi allora il vino, la spontaneità, il tumulto,
essi diverranno la mia spada ed il mio scudo.
E questa sarà la mia libertà,
la vera libertà,
la libertà della volontà.




1

Persone trasformate in spettri
In una società dai contorni opachi.
Perse per sempre nelle sue spire
Lontane centinaia di miglia dalla propria magione
Lontane da ciò che la vita avrebbe voluto per loro
Lontane da proseliti d’incomprendenti.
Assopiti e scoloriti sentimenti antichi
Deperiti e decaduti sogni arcani.
Morto il portatore…
Finito, in una sporca strada…
Rifiuti hanno preso il posto dei gingilli
Che in giorni lontani lo intrattennero.
Il sangue viziato bagna e colora
Con emulsione purpurea il vicolo freddo.
Indifferenti palazzi
Scheletri della società
Si affacciano su di esso…
Impassibili della sua fine.
Muore il portatore nella miseria,
solo il miraggio di ciò che fu una volta.
Chiuso il ciclo…
Decaduta è l’opulenza…
Spente le risa…
Defraudazione di condizioni precedenti.
Oro in piombo
Fuoco in ghiaccio
Vita in morte.
Chiusi gli occhi per non vedere
Fingendo l’inesistenza di tanta nuova miseria.
Perniciosa vessazione di vita




2

La Grande Tavola Imbandita

Sento la nausea
di chi si è abbuffato troppo
alla tavola imbandita dell’oggi.
Di chi ha approfittato delle leccornie del presente.
Ma ora pago il tutto,
promesse di nausea mi tornano alla bocca,
sgradevoli sapori ricordano l’ingurgitato,
finirà tutto in nausea.
Nel bel mezzo della notte svegliato
tra sudori ed incubi indicibili
una lunga corsa infinita.
Sollievo nel rigettare tutta questa falsità
così come la mandai giù.
Una corsa in un infinito corridoio
troppo abbiamo richiesto
troppo abbiamo approfittato di quella tavola.
Come demoni ci siamo massacrati l’un l’altro per gli avanzi.
Quei pochi rimasti dopo la tempesta.
E non importa se all’esterno nevica immacolatamente
poco importa quella verginale fredda neve.
Ancora nel letto mi rivolto
lenzuola madide di sudore
sulle labbra il sapore del sangue
la nausea è sempre più vicina
alla bocca.
Mi sento male.
Conati e spasmi all’esofago mi squassano
non vuole rimanere giù
tutta questa ipocrisia.
Vorrei correre fuori
ma sporcherei la candida neve
con i miei liquami immondi.
Solo il pensiero di non essere l’unico,
ma di essere in buona compagnia,
in numerosa compagnia.
Rido a vedervi nelle mie stesse condizioni
ipocriti divoratori disappetenti senza ritegno.
La nausea non è solo mia.



3

Cadaveri abbandonati
nella città della polvere
necrofagi di moralità morte.
Plumbeo cielo sovrastante
e purpurei riflessi là ad occidente.
Alte mura, grossi blocchi di pietra
cingono la città della polvere
ed il suo contenuto là sulla collina.
Un uomo fermo
alle sue porte
la sciarpa tirata sopra il naso
come protezione
bussa travolte e gli viene aperto.
Calde lacrime bagnano il grigio terreno
sprofondano i piedi fino alle caviglie
nella scura cenere dell’ira.
Piove cenere sulla città di essa.
Arroccata sulla collina
una cattedrale
svuotata.
Sulla sua sommità
guglie e statue la maledicono dall’alto
rigurgitando immondità e scempio.
La ballata di un angelo caduto
riecheggia nelle stradine lastricate.
Cammina l’ultimo uomo verso la cattedrale.
La via della polvere
serpeggiante per la collina.
Nubi di tempesta addensate in cielo.
Chiuso il capitolo più importante.
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