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Pubblicata il 27/01/2004
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Difficile ormai trovare individui tra la gente che sappiano quantomeno barcamenarsi con grazia ed eleganza nell’oggi epilettico e veloce.
Creano code ed ingorghi di problemi ai semafori sempre rossi dell’ottusità e della vigliaccheria, questi automobilisti della domenica, profeti dell’escremento, ma buoni oratori.
Tanto buoni a parole quanto incapaci di affrontare realmente i problemi; ed è per loro tutto un filosofeggiare, un pavoneggiarsi pomposamente in pompa magna nell’”Io sarò” e nell’”Io farò.
Petto in fuori e palle mosce cari miei.

Questi, loro, che non si sono ancora accorti del paradosso onnipresente, ovvero che è più difficile trovare soluzioni semplici ai problemi, che espedienti articolati e totalmente inutili e belle parole.
Esserne incapaci non significa esserne esentati, anzi; la merda, ben presentata, è per molti un piatto ricco.

Guardatevi intorno, affrontate il problema; cancellate processi mentali fuori luogo, elucubrazioni complesse, masturbazioni mentali, complessi e passati remoti.
Ora risolvete.

Questi, loro, si divertono a costruire castelli di cristallo su fondamenta di nembi; io, per quanto mi riguarda, anche se risulta allo sguardo più sgraziata, preferisco la pietra.



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L’ombra della morte, noi sovrastante
raminga nel suo errabondare casuale
con sicurezza raggiunge città come villaggi accomunatrice nella tenebra allungata al cielo violaceo di mezzenotti sorpassate.
Rivoluzione attorno ad un astro in piccolo, diamo nomi semplificando l’essenza.
Concitato bussare alla porta sprangata, a mezze palpebre il richiamo viene raccolto.
Nascondimento in frenesia di verità preferendole taciute.
Penetrerà la luce ombrosa della fine tali imposte, ma altre serreranno tende a suo sfavore.
La continua ricerca di melodie nuove dimentica lo scopo prefissato.
Così le stesse note risuonano nell’angusto locale, tutte le sere, al calare del sole.
A nugoli si riuniscono per rivivere il salmodiare di tale nenia di spirito antico.
Vecchie architetture moderne s’impongono sul paesaggio, incapaci di accettare una fine che già le caratterizza così come coloro che ad esse diedero luce e soffio vitale si rifiutano di comprendere il loro desussistere.








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La luce tremolante della candela illuminava fiocamente il vecchio e polveroso studio.
Non entravo in quella stanza da circa due anni, dall’incidente... non ne avevo mai più sentito il bisogno.
Fino ad ora.
Tutto era come lo lasciai allora. I libri rilegati in file ben disposte nella libreria sembravano immutati, sospesi in un’altra dimensione lontana da lì e da qua.
Il servizio da scrittoio, inutilizzato, giaceva ancora sulla scrivania, come era quella sera. Solo il vecchio orologio a pendolo, ora fermo, aveva tradito il passare del tempo quando la porta sui cardini arrugginiti si aprì cigolando.
Il vecchio orologio a pendolo e qualcos’altro...
quel volume; non ricordavo di averlo abbandonato lontano dalla sua abituale collocazione tra i suoi simili, né tanto meno di averlo letto, quella sera, eppure faceva bella mostra di sé sulla scrivania vicino al servizio.
Guardai interrogativo gli scompartimenti pieni di tomi impolverati non riuscendo tuttavia a riscontrare alcun ammanco.
Ormai incuriosito, quasi irritato da quella dimenticanza mi avvicinai alla mia vecchia postazione di lavoro ed analizzai la copertina di quel ricordo perso. Nulla nella sua esteriorità tradiva l’appartenenza od il contenuto.
Mi sedetti sulla sedia rivestita di velluto rosso che occupai un tempo tutte le sere. Mi rilassai, reclinai la testa fino ad appoggiarla allo schienale imbottito; mi godetti le rimembranze che tale azione mi suggerivano. Riportai in fine l’attenzione a quell’elemento dissonante. Non sembrava facente parte la mia biblioteca, forse un prestito mai restituito.
Era insolitamente freddo al contatto, cosa che non fece altro che accrescere la mia smania di conoscenza.
E lo aprii.
Nessun titolo, nessuna intestazione; le parole che componevano lo scritto erano già dalla seconda copertina fitte e ben stampate.
Cominciai quasi senza un motivo a leggere ciò che mi si palesava di fronte da un punto qualsiasi:
- ...lo trovò insolitamente freddo al contatto, cosa che non fece altro che accrescere la sua smania di conoscenza. E lo aprì. Nessun titolo, nessuna intestazione; le parole che componevano lo scritto erano già dalla seconda copertina fitte e ben stampate. Cominciò quasi senza un motivo a leggere ciò che gli si palesava di fronte da un punto qualsiasi. –
Un tremito mi pervase, cominciai a sudare, ma di un sudore freddo.
Continuai:
- Un tremito lo pervase, cominciò a sudare, ma di un sudore freddo.
Continuò. –
Ormai tremavo.
- Ormai tremava. –
Mi guardai di scatto intorno, auspicando in uno scherzo.
- Si guardò di scatto intorno, auspicando in uno scherzo. -
Continuavo a tremare, mi alzai ed accesi il caminetto retrostante.
Ci misi parecchio poiché il tremore si estendeva fino alle mani impedendomi di utilizzare facilmente i fiammiferi. Tornai alla scrivania e mi ributtai nella lettura:
- Continuava a tremare, si alzò ed accese il caminetto retrostante. Ci mise parecchio poiché il tremore si estendeva fino alle mani impedendogli di utilizzare facilmente i fiammiferi. Tornò alla scrivania e si ributtò nella lettura. –
Stavo incredibilmente leggendo il mio presente.
- Si accorse di star incredibilmente leggendo il suo presente. –
Come un pazzo, disassennatamente, cominciai a sfogliare le pagine, con sempre maggior angoscia, senza curarmi dell’orrore ivi narrato, cercando la fine della narrazione; la trovai e così lessi:
- Si rimise a leggere. E mentre le parole scorrevano veloci sotto i suoi occhi un senso di torpore ed assopimento lo pervase. Una vecchia amica, molto vecchia, gli fece allora visita. -

Il vecchio pendolo rintoccò i dodici rintocchi della mezzanotte non udito.


***

Una postilla giaceva in quarta copertina a caratteri d’oro:
- L’ultimo pensiero che poté formulare, prima di sperdersi, fu di redenzione, che troppo facilmente giunge nella fine.
Si chiedeva perché non avesse affrontato i ricordi, chiudendosi invece in un passato trascorso, arrovellandosi in un continuo ripensamento improduttivo anziché reagire; e del perché tanti individui fanno lo stesso. –
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