Piccolissime
scosse di suoni
intervallano i vuoti silenzi.
Il vento
melodico e lento
è in volto un fantasma
terrorizzato.
Cantano
anche le poche fiammelle,
vicine, sorelle
che dormono e ondeggiano.
Grigiore
cristallizzato dall'ora
del tempo stremato
che cieco si ascolta
e si stende accanto.
Accanto,
i rumori si annullano
tra i conti sbagliati
delle troppe stelle.
Oggi le cose
si fermano
e aspettano.
Soffusi chiarori
nell'umida stanza
accendono un lume
dal caldo sapore.
Filtrata e dubbiosa
dei nessi virtuali
che aprono adesso,
tesi, fitti, accesi,
occhi.
Segni,
segnali
rossi e neri
attorno a quel buio
che già li sfinisce.
Digrigna e poi brilla
su quelle pareti
la rossa favilla
sottile e tigresca
che trema impaurita.
Stridula
percorre gli spigoli
la vocina.
Sorveglia e visiona
con estrema calma
girando furente.
Un volto che scalzo
gli si sovrappone
covando una nascita.
Falciato il risveglio
dell'uomo che piange
rinchiuso in quell'urlo
più stridulo e intenso,
carnoso e denso
di tetro barlume.
Estetico abbraccio
di flussi uniformi
spalanca il nuovo.
Si scatena
il tridimensionale
nel vortice
che avvolge i nuclei.
Si spaccano
adesso anche loro,
estraggono pianti
più forti dei nuovi polmoni
che l'interferenza
ha composto per voi.
Persiste un colore latente
che il macabro assente
continua a chiamare.
Colori di specchio
rispetto alla veglia
dei lucidi occhi.
Avvertono
presto parziale incoscienza
a seguito di
due violenti rintocchi
che ingordi li osservano
e inferti due colpi
desistono e già
preferiscono.
Capace
ma invece pupilla
determina
limite e luogo.
Il parto può prendere forma,
il corpo resistere
al canto che termina.
Petali
che quei polmoni
cercano per estirpare
bionica indipendenza.
Petali che sprizzano
e consumano
e inondano
e assalgono quei muri,
così bianchi,
quei veli di vento,
così affaticati,
quei morbidi aloni
negli angoli chiari,
così debitori.
Vagando sospesa
e a braccia spiegate,
sogghigna di rosso
ballando di nero
l'alba che origina
tutte le lacrime.