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Pubblicata il 26/12/2003
Chi fermar potrà 'l celer passo tuo?
Chi porre fine può al tuo eterno trotto?
A che la voglia tua di fuggir sì,
sanza alcun guardo a chi si pone a fronte?
Tu, che l'alme miserande pon sotto
al tuo poter sempiterno e tiranno,
t'allieti a levar spemi all'omo sfatto
che giuso cade al grave d'ogni tuo anno?
A che tanta foga? A che tanto scatto?
Tu obblii a noi le più gaie ricordanze
che unica polla son di pace al core,
e quando poi imploriam di porre 'l grado
a un più veloce modo, tu che fai?
T'arresti e vacillando lento vai,
e come legna gettasi in su al foco
aggiungi a noi le lacrime e 'l dolore.
Aspetta un attimo, ascoltami un poco:
non ti stringe 'l cor veder le chiome
bionde e lucenti delle gaie pulzelle
tramutarsi in fil bianchi sanza luce
che le rendon del mondo le men belle?
Provi qualcosa quando vedi in loro
la pelle bianca, morbida e di latte
trasformarsi nel più brullo terreno?
Come fai a esser calmo? A esser sereno?
Tu passi e l'uomo passa insieme a te
ma mentre tu rimani, l'uomo no,
va via, e con lui presto anche 'l ricordo
del suo respiro, della sua esistenza.
So che a sentirmi l'orecchio tuo è sordo,
che tu dell'uomo puoi far bene senza
e che di tal parol poco ti cale,
ma a noi questo tuo barcollar, mi pare
bene dirti, fa solo un grande male.

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