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Pubblicata il 03/11/2003
James aveva 42 anni,
era americano
(o meglio "afroamericano",
come lui amava definirsi)
e da 17 anni era detenuto
nel braccio della morte
in un carcere del Texas.
James era stato giudicato
colpevole di aver rapito
e ucciso un ragazzo bianco.
Se fosse davvero colpevole non lo so:
nelle sue lettere parlava di amicizia,
di amore, di donne e della vita.
James era solo,
voleva degli amici
e voleva vivere.

Nel settembre '91 James
"Sugarman" Russell
è stato "giustiziato"
con una iniezione di veleno.
La morte è soppravvenuta
dopo 12 minuti.
Neanche Lei ha avuto pietà:
ha lasciato che agonizzasse
così a lungo prima
di portarlo via.
Ma la morte,
si sa, è crudele.
Però, chissà se
gli uomini sanno,
quanto sono crudeli loro.
Quale delitto è più atroce
di quello compiuto dallo Stato,
da un'intera nazione
che uccide un'uomo solo, inerme?
Senza contare che nella maggior
parte dei casi i condannati sono neri,
o provenienti da classi sociali disagiate.

Poche ore prima di morire,
James,
che credeva nella reincarnazione,
ha scritto:
"Lo Stato non può uccidermi più.
Sono pronto.
Ci incontreremo ancora".
Non so se ci incontreremo ancora,
James,
però perdonami per non averti amato
e capito abbastanza.
Addio.
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