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Pubblicata il 30/10/2003
Come un’idea assurge nella gamma
di una geometria dinamica,
s’avvicina e ancor si piega
fino a formare in testa un chiodo,
obliquo e sopra impresso:

di neve infuocata, ricoperte queste mani
indugiano, e aride ribolliscono a sangue
dentro un fiume niveo che non culla il suo sereno.

Io, vuoto dentro un pieno dilagante, annoverante
di tante solitudini lune straripanti, chiedo sparato
in viso un nome, un volto, una figura all’infinito,
di quel niente che mi attanaglia e in gola morde.

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Belle le immagini che hai usato per dare voce alla solitudine. splendida la chiusa
ciao, carmen

il 31/10/2003 alle 14:46

In qualche caso si può anche "impazzire" di solitudine... ma la maggior parte delle volte, quando ci si è fatt l'abitudine, diventa la nostra più cara amica e difficilmente si sente la mancanza della confusione, dello stare in mezzo alla gente.
Un caro saluto,
Matteo
(Mat81)

il 31/10/2003 alle 18:55