PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 23/09/2003
Il sole si stava pigramente risvegliando
stiracchiandosi, ad una ad una,
tutte le sue braccia calde e luminose
sino ad erigersi in tutto il suo splendore.
Entrai nella stazione sbadigliando,
convinto di colmare quella lacuna
prima che potesse trasformarsi in overdose
seminatrice di rimpianto e dolore.

Un irreale palcoscenico era l'interno,
stranamente buio, quasi spettrale,
la luce esterna non riusciva a filtrare
conferendo a quel luogo un aria lugubre.
Le fiamme non alimentavano quell'inferno
eppure ne era la rappresentazione teatrale,
vagoni traghettatori di storie amare,
di viaggiatori dall'aria poco salubre.

Gli occhi si abituarono all'oscurità
e qualche strana figura si animò.
Lo vidi avvicinarsi con passo insicuro,
il vestito era logoro e lo sguardo assente.
"Caro amico mio. Come va?"
Senza accorgersi del richiamo mi schivò.
Il mio cuore batteva come un tamburo
mentre l'angoscia m'intorpidiva la mente.

Lo vidi entrare nel bar della biglietteria.
Presi coraggio e lo raggiunsi ansando.
"Oh! Ciao. Non ti avevo riconosciuto."
Finalmente in me tornò la speranza.
Qualche frase di spontanea cortesia,
effimero rimedio in un mondo allo sbando,
una discorso pretenziosamente arguto
per invogliarlo a cambiare la danza.

Rifiutò il caffè e ordinò del vino.
Scossi la testa sentendomi impotente.
Quante volte lo avevo implorato,
pregato di abbandonare quei binari?
L'avevo persino paragonato ad un bambino
o a una inarrestabile stella cadente
o a un patetico prestigiatore mancato
che gettava al vento i propri denari.

Mi lanciò un'occhiata ostile
e sbuffando guardò l'ora sul quadrante.
Poi mi fece un cenno verso il treno
che ostentava un chiara destinazione.
Fermarlo era proprio impossibile?
Si avviò con l'andatura traballante,
come se gli mancasse il terreno,
verso il richiamo di quel vagone.

Mentre l'acciaio si metteva in moto,
una mano ossuta mi salutava lenta
e mi parve di scorgere un sorriso,
poi il suo sguardo ritornò cupo.
Maledissi ciò che mi era ignoto
e che sui deboli inesorabile si avventa.
Una lacrima rigò il mio viso
mentre lui raggiungeva il dirupo.

Accesi un sigaretta e ne guardai la brace.
Tossendo mi sentii un ipocrita,
uno che distribuiva moralità,
occultando vilmente i propri errori
destinati ad una insaziabile fornace,
magari sentendosi maestro di vita.
Sul cartello di un altro treno la verità:
"Riservato solo ai fumatori."





Saby 1999
Oggi ho incontrato mille facce che mi sorridevano.
I sorrisi erano freddi come le loro lapidi di marmo.









































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c'e' un abisso di tristezza, in questa tua lirica, amico..cosi' profondo che ho avuto paura di caderci dentro...ma..poi ti ho sorriso, e ti ho teso la mano..
mi hai visto?
Luna

il 24/09/2003 alle 12:14

Non solo ti visto, ma sfiorato pure la tua mano.
Non farti coinvolgerti dalle mie tristi storie e stai lontana dagli abissi più variati.
Forse mi leggi solo quelle tristi o forse mi sbaglio. Alla mia età la memoria fa a farsi benedire.
Un sorriso,Cesare

il 25/09/2003 alle 18:27