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Pubblicata il 02/09/2003
Sei appena arrivato. Apri la custodia del tuo violino. Controlli che l’archetto abbia il giusto livello di pece. Estrai il violino. Senti nei tuoi polpastrelli le corde tese e verifichi l’accordatura dello strumento. È tutto pronto. Stai tirando l’archetto per vibrare con più vigore sulle corde. Sai bene che non ci saranno i soliti spettatori. C’è la stampa, la televisione, le autorità… tante persone che sono di passaggio.. Le vedrai questa sera, ma domani sai già che se si ricorderanno il tuo viso dovrai ringraziare la tua dea bendata. Sono lì giusto per dire: “ho visto il concerto”.
Le tue mani, cominciano a sudare, le gambe hanno dei fremiti inusuali. È la prima volta che ti capita, non riesci a capire il perché.
Ti affacci alla finestra del camerino e scorgi, sul ciglio del marciapiede, una ragazza che canta da sola e la gente incredula si ferma. Applaude. È gente comune, l’ascolta perché trasmette emozioni, sentimenti. Ti rendi conto, di colpo, che stai perdendo tempo ed un’occasione irripetibile. Sì, certo c’è tutta la stampa nazionale ed internazionale non manca nessuno. Ma qualcosa manca dentro di te. Con gesto fulmineo, dall’uscita di sicurezza, scendi le scale e corri, corri, corri, corri…
Stai cercando di raggiungere “la voce” di quella ragazza. Le distanze stanno riducendosi, ormai è vicino a te. Tenti di avvicinarla sempre di più. Ormai l’hai raggiunta. Le applaudi come le altre persone che sono intorno, ma d’un tratto lei si rivolge soltanto a te: “Il concerto com’è andato?”
La domanda ti gela, la sua voce ti penetra nel cuore. Pietrificato le chiedi chi è e come fa a sapere del concerto. Lei candidamente risponde: “Sono l’umiltà che hai perduto, ti ho raggiunto e ripreso ma solo per questa volta. La prossima occasione rimarrai con il vuoto nel tuo cuore”.
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