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Pubblicata il 20/08/2003
Passo dopo passo fomento la mia ira
che arde come un fuoco inestinguibile,
dalle sue rovine sorge l’araba fenice
e i miei occhi non arrivano oltre la sua scia,
un luccichio di dolori passati
un grido di giorni stuprati
una tempesta di note violate…


Difficile si rende la via per approdare
su litolari dove il riposo estende i suoi sospiri
dove le anime si nutrono di soavi zaffiri…
dove il silenzio è come il canto
un lamento di sirene nate da ki ha pianto tanto…
un neonato apre i suoi occhi e offre la sua anima
al primo respiro
già soffocato dal suo mondo ostile…


Sento una melodia soave
proveniente da quel luogo oscurato
che sia quella la mia nave?
È ancora presto per imbarcarmi
inutile fermarmi
la mia corsa è continua
anche se respiro a fatica
quella terra è assai lontana
non resta che aspettare che io non sia più umana.

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umani e impuri...è questo il problema se ci si lascia vincolare dalla nostra natura...ho imparato e forse troppo presto a dimenticare la mia natura!
ti sono grata x il commento occam...ricambio l'abbraccio

il 21/08/2003 alle 12:25

Splendida questa tua Medea infuriata, e splendida questa poesia... molto pathos, molta energia, estremamente scenografica... una di quelle liriche da leggere a teatro... complimenti a te.
Baci.
Michele

il 21/08/2003 alle 17:19