«Vero, che sei la sola vero,
che ti ho ingannata falso…»
Mi rigiro nel sonno. M’invade il pensiero
l’osceno motivetto, celebrato inno del nulla.
«Porta in alto la mano, segui il tuo capitano,
muovi a tempo il bacino, sono il capitan Uncino…»
Balzo nella peggiore realtà dall’incubo insano:
rifatto umano dall’impalpabile sostanza del sogno
una spiaggia affollata m’appare dinnanzi
d’uguali individui danzanti, stagnanti in una gioia obbligata.
V’è tutta la casistica della turpitudine umana:
la moltitudine delle basette a metà guancia,
la donna balenottera proterva dagl’istinti del bisogno,
il macho che osserva le sceme d’intorno rese
più sceme dal sole bollente cervelli soltanto sperati,
i tuttotatuati, i palestrati calvi, gli estroversi iperattivi,
i completodepilati, i villovestiti adatti alla glaciazione,
gli sportivi sovrappeso, i lettori di Wilbur Smith,
i patiti del fitness con quaranta gradi: umanità scaturita
dal rimescolamento di geni in una varietà infinita.
Fuggire! Fuggire! Fuggire dal madido orrore!
Tornare! Tornare! Tornare al morfeico sopore!
« Ma dove? Ma come? Persuàditi, questa è la vita!
Fuggire non serve, dormire non conta, obliare non puoi!
Convìvici invece e fattela amica, chè a sentirla non tale
tu solo ci perdi alla lunga: pur sempre tu resti mortale! »
« Saggezza dannata che vuoi? Difendere il fronte nemico?
Di confondersi al Tutto l’ho detto, ma non confondersi a tutti!
Diverso è questo concetto non credi? Diverso… e più spirituale!
L’uomo all’uomo uguale? Risparmiati il vile progetto! »
Fisso a lungo la massa deforme movente su ignobili note,
davvero è questa la vita? Questo il destino che attende?
Laureato o solo licenziato per tutti è la stessa realtà?
Molti ne vedo ballare e molto poco pensare. Diversi amici di ieri
ben pochi siamo oggi rimasti, com’è più triste vedervi
in banca a carte firmare che un tempo sognare di diventare poeti.
Com’era più bello vedervi distanti dal trito-e-ritrito del volgo,
che lo sforzo con cui tolgo dalle orecchie i vostri discorsi più vani:
«La macchina l’ho presa metallizzata. Aspetta! Non l’ho ancora lavata!»
«E’ più comodo il cambio tiptronic. Oh! C’è un piccolo guasto al check electronic!»
«Sono gomme di spalla più bassa!», «Troppo alta quest’anno la tassa!»
«L’hai pagata in denaro contante?», «Ma senti che motore rombante!»
Amici miei cari passati, perduti nella massa danzante,
più vivi e più morti in un tempo, al suono del motivetto snervante,
emblema di ciò che sarà, emblema del crescere vano, ché crescere
è per molti più il mutuo o la casa che il senso del vivere umano!
Amici del tempo lontano a voi la gloria e gli onori!
Entrate, andate già avanti, io resto un poco di fuori
a prendere le ultime boccate di vita,
nell’attesa del domani, e della sua apnea infinita.