Ho ancorato al largo il mio vascello
aspettando più favorevoli maree.
Sono in solitudine sul ponte scivoloso,
amareggiato, afflitto e disorientato.
Cerco di scorgere il mio castello,
ma il buio mi confonde le idee,
il continuo rullio mi rende nervoso
e l'occhio si perde in ogni lato.

Eppure il porto non può esser lontano,
ma non scorgo il fascio di luce,
così, sommerso nel buio più fitto,
spero che il faro di colpo si rianimi
come un amico che tende la mano
e mi aiuti a ridar la pace
a questo mio animo afflitto
alleviando questi atroci attimi.

Attimi che scorrono troppo piano.
Sto per scivolare negli abissi.
Devo trovare un appiglio sicuro
finché il mare non si calmi un po'
e la notte dia strada al giorno,
sperando che non ci sia un'eclissi
che, spietato, mi nasconda il futuro
senza che venga acceso nessun falò.

L'alba si sveglia imperiosa
e, pizzicando i miei occhi stanchi,
cerca di guarirmi da quel torpore
diventato del mio corpo padrone.
Sull'acqua un tappeto di riflessi rosa
sembra mi rinvigorisca i fianchi
e mi riporti nuovo ardore
che mi guidi nella giusta direzione.

I gabbiani accompagnano il mio sguardo
che vola verso la costa non più distante
e trova la meta tanto anelata.
Ora mi è tutto molto più chiaro.
Offro le vele al vento leggiadro
lasciandomi dietro la notte alienante.
Eccola! Indulgente e dolce sposa amata,
è lei la mia luce, il mio faro.




Saby 1988 Le incomprensioni ti fanno nuotare pericolosamente controcorrente.
Ne ho intuito il pericolo in tempo, grazie all'amore di chi non capivo.