Di parole senili come la giacca sorretta da vent’anni sempre dalle stesse spalle,
di acqua in movimento
di strani odori
di ponti lanciati nel vuoto, in avanscoperta
di tappeti che volano solo ad oriente
di cappelli sfondati come una porta
di culi stretti come la cruna di un ago
che si dispiegano larghi come autostrade
di teste spellate come patate
di uomini che cambiano idea come i serpenti cambiano la pelle
di luci nere che incatenano mani bianche ma ne esaltano per contrasto la purezza
di libri di venti pagine troppo pesanti persino da sfogliare
di culi rosa
di seni rosa
di grandi labbra e piccole labbra rosa
come le guance di un bambino
il culo di un maiale
di lettere d’alfabeto
catene, ali, chissà
di caffè alla mattina, al pomeriggio, alla sera
di caffè
di sigaretta succhiata in orgasmo di fumo degna alternativa di un pompino a pagamento
di mediocri appuntamenti cui non so rinunciare
di un torcicollo che mi fa esemplare impagliato
di indecisione sempre in quei momenti
di farfalle colorate come pappagalli
di maglioni indossati come medaglie
di occhiate sotto le gonne
dentro le camicette
nelle pieghe dei pantaloni che riflettono quelle del corpo
di palazzi alti come il regno di Dio
di carte mute o pettegole come vecchie zitelle
di letti cigolanti
di gatti sbudellati
di pagine diafane schizzate di sperma nero di stilo
di vitelli scuoiati appesi in bacheca
di mattine di sole reietto
di lancette menzognere:
“è l’una”
dall’altra parte del mondo: ”no sono le ventidue”
di sorriso onirico di vita
di calci nelle palle
di sangue alle gengive
di figurine senz’album.