PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 10/07/2003
Non ci rimane che la nostra diversità.
Eroicamente disperata, la nostra resistenza a un mondo inautentico,
la nostra forza multiforme
capace realmente di adattarsi, di essere umana, di condividere.
Chi si ritiene inadatto
è nel vero tentativo di adattamento,
questi sopraviverà nel vento,
gli altri no,
coloro cioè che non riescono a vedersi ignoranti e presuntuosi come sono,
ovattati, ambigui in forme mostruose,
accelerati, velocizzati, precoci, immaturi, in una parola: sfruttati.
Quasi solo, con coraggio, io mi aggiro nei luoghi della rassegnazione,
dell’omologazione non volendo infliggere dure colpe ad alcuno
ma a descrivere che tutto sta diventando altro da sé
e dove un tempo nacque la poesia
son vent’anni che non la si pubblica più,
nessuno pubblica poesia eppure il marketing non salva comunque le sorti delle case editrici
che costantentemente attraversano periodi di crisi da cui si ostinano ad uscire con palliativi.
L’uomo ha bisogno di me, di noi poiché l’uomo senza poesia non è più uomo,
parole sfruttate ma ancora artigiani sanno decantarle!
Un uomo virtuale che abbiamo costruito in centinaia d’anni
oggi ci da concime artificiale, bombardandoci in modo invisibile, frantumandoci,
spaesandoci e assuefandoci ad un idea di mondo, definitivamente,
la terra ha il tumore,
saremmo pronti a dare e ricevere di meglio,
ma così non ci sarebbero i privilegi,
non si consumerebbe all’eccesso come conviene che oggi si faccia,
più frustrati si è,
più ansiosi si è,
e più si consuma,
e in tutto ciò ho paura del mondo
poiché volendolo amare esso rischia di schiacciarmi
ritenendomi debole,
interpretando nel peggiore dei modi i personaggi darwiniani,
chi ama è debole e non sopravive,
chi è duro è veloce sì,
ma gli animali sono autentici
noi in questo modo no
e per questo che ci stiamo estinguendo,
l’era delle sensazioni volge al termine
benvenuta era del virtuale,
come Omero cantò la civiltà suja prima che svanisse così vorrei fare io
prima che ogni pomodoro non sia più un pomodoro,
la mia voglia di amare è costretta a difendersi e mantenersi
e fra questo aprirmi e chiudermi io mi sento frustrato,
ho punte d’ossessività,
anch’io non sono immune
anch’io sono disperato ma lo ammetto, lo sento, lo vedo,
e so che non si è uomini solo se si ha l’agendina piena di impegni,
o una donna non è se ha le forme richieste,
e tante altre perversioni inaudite si aggirano,
la mia generazione ha vissuto la scomparsa dell’uva regina,
ora solo tendoni che esportano frutta insapore ma bella a vedersi in tutto il mondo,
dovremmo ammettere l’angoscia e piangere, tornare indietro, restare
e invece andiamo avanti mostruosamente,
non ho altri aggettivi avverbiali
per descrivere come siamo schiavi dell’altro da noi,
e allora i libri di poesia rischiano di scomparire in mondi virtuali
e chissà se ci saranno studiosi pronti, filologi che ci scoveranno,
noi poeti, noi emarginati,
pochi animali rari a vivere ciò che resta della meraviglia
e a dover star male nel tentativo di cercare fratelli che non sono più,
star male per sentirsi e vivere autenticamente,
a non credere che il mondo sia completamente orripilante
ma tutto ciò ripeto equivale a rendersi frustrante la vita,
è frustrante si, l’ennesima beffa di una vita assurda,
il periodo più strano che poteva capitarci,
dove fra gli innumerevoli esempi ne scelgo uno:
Le intuizioni e il genio di Marconi che non dormì per giorni interi
prima di lanciare un segnale radio nell’altra parte dell’oceano,
oggi servono a vendere videocellulari
che invitano a comunicare superficialità,
quella superficialità di cui siamo pieni,
e che ci insabbia,
la coltre di sabbia che ci sotterra
ha oggi il nome di superficialità consumistica,
crogiuolo secolare di erronee concezioni e tabù,
mostruosità invisibile eppure che permea,
non è propriamente reale come accadde in passato,
non è un incendio,
non è un eruzione
o un invasione barbarica,
è virtuale,
avviene mentre viviamo, mentre non ce ne accorgiamo,
e ciò è mostruoso poiché non siamo più a immaginare,
e seppure frustratamene io posso ancora vivere autenticamente essendo nato nel '75
ultimi anni, ultimo figlio,
oggi chi vive e chi nasce dopo allora rischia di non avere memoria e crederà che il pomodoro nasce in laboratorio così come nella terra
equiparandone i contenuti,
diverremo natura artificiale che si riproduce
e ci si catapulterà in un mondo dove l’animale uomo non vi sarà più,
dopo una transizione mostruosa senza identità, inautentica
svaniremo come i dinosauri.

Odusia
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