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Pubblicata il 14/05/2003
Esterno,
notte,
luci annebbiate,
immoti occhi
su umanità sperduta,
lucido asfalto nero
d'un angolo di strada...
e su di te
sguardi distratti
tra vetri imperlinati.
Chino cammini
piegato su te stesso
a colloquiar
coi piedi
che mai t'hanno mentito,
su quale sia
la meta
dell'ultimo cammino,
chè avanti più non vedi
con la tua schiena bassa
e gli occhi tuoi rivolti
solo a guardare indietro.
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Molto tristi le tue considerazioni, ben espresse dai tuoi versi.
Un abbraccio!
Axel

il 15/05/2003 alle 10:50

Perchè è molto triste la condizione di chi, nell'incuria distratta che lo circonda, finisce con il ripiegarsi su se stesso autocommiserandosi e finendo con il guardare solo al passato: è solo una metafora ma purtroppo di sempre più frequente riscontro.
Mi ha fatto davvero piacere ritrovarti tra i miei lettori.
Un abbraccio anche a te.
Gaetano

il 15/05/2003 alle 11:15

Bella ma cupa e triste.
Significativo l'ultimo verso quasi a non voler guardare avanti per paura.
Un senso di caducità la pervade!
Un caro abbraccio
Er

il 15/05/2003 alle 12:15