Una volta mi ritrovai a vagare di notte con Stefania per le strade di una Palermo avvolgente e misteriosa. Lei, un po' brilla, mi parlava dell'amicizia tra un uomo e una donna.
Scendemmo dal 38 in Piazza Indipendenza e camminammo nella notte come sonnambuli, il Palazzo dei Normanni si stagliava nell'oscurità con le sue forme eleganti. Avevamo trent'anni e lei era di una bellezza curiosa, frizzante.
In quei momenti, su quelle strade, mi sentivo libero, come se una forza che non conoscevo mi avesse spinto al limite, avrei potuto fare o dire le cose che mi facevano stare bene. Stefania era, per me, quasi una sconosciuta, una tenera ribelle che, quella notte, aveva risposto al mio invito di fuggire nella libertà.
Una città misteriosa, la ragazza sconosciuta e la notte. Sembravamo finiti in una dimensione più reale, eravamo finalmente noi stessi. Al rientro, il 38 correva e noi a osservare qualcosa: piazze, luoghi invisibili e quel che saremmo diventati, un ritaglio di vento conservato nel cuore della città.
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