Ascoltare il Boléro di
Maurice Ravel, immersi
dentro le coreografie di
Maurice Béjart, con Nicolas
Le Riche o con Maya
Plisetskaya...
non è solo percepire suoni,
vedere immagini...
è sentire, ammirare
la bellezza, che diventa
corpo, che si trasforma in
albero, rami, gambe,
braccia, passi...
in un ritmo incessante,
quasi tribale, suadente,
ancestrale, armonico e
allo stesso tempo
irregolare, umile e
superbo, una bellezza
che si arrende, sfida...
musica unica, immortale...
che proviene da dentro,
che si espande, che riceve,
dona, in un crescente
abbandonarsi al vento...
muoversi,
in un apparente
iniziale rallentare,
ridiventare veloce scorrere
di linfa, fino ad esplodere
in energia vitale...
note che diventano
espressione,
danza, dove i gesti
si trasformano in parole...
gocce che ne bagnano
le foglie, foglie che si
trasformano in volo,
labbra che assaporano,
pioggia che lentamente
avvolge, poi tempesta,
in un insieme di
fulmini, lampi, tuoni...
che culminano
improvvisamente
in un vortice, dove tutto
finisce, da cui tutto
può ricominciare.
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