Nascere sul mare è diventarne
l'onda, la spuma, la corrente.
in un mare privo di scogliere.
Che diventava subito profondo.
Dove l'altezza non era data da
grandi vette, ma dal volo dei 
gabbiani.

E l'orizzonte sempre davanti agli
occhi, a volte in colori che lo
separavano dal cielo, altre volte
in colori in cui non li si distingueva,
diventando uno il riflesso
dell'altro.

Vele che sembravano sfiorarlo.
imbarcazioni che sembravano
non avessero un punto di
arrivo, un punto di partenza.
Dove non vi era porto,
immaginandone la vita.

Il sole che lo trasformava in
tante scintille, la luna nel suo
mistero,  da sempre la sua
più fedele amante.

Albe, tramonti che si susseguivano,
sfilavano, sulla passerella del
tempo, indossando vestiti magici,
da sogno.

Onde che sembrano vibrare, come
su un pentagramma, note.
in una musica ora presente, ora
passato, che si trasformava in
immagini.

I marinai ritornare dalla pesca,
lontani puntini che man mano
si avvicinavano, diventano barche,
poi figure, voci, sguardi,  mani,
reti, pesci.

Poi piano piano, sempre più
nessuno.

La spiaggia che conserva ancora
le tue piccole impronte.
I richiami dei più grandi.
Le lunghe passeggiate, i faló.
Il sapore del suo sale.

Il calore del sole dentro cui,
sdraiandoti, ti immergevi dopo
essere uscita ancora grondante
di acqua.

E quel freddo, quando ti bagni,
dopo un lungo inverno, per la
prima volta, i piedi.
Che scompare, man mano che
tu nuoti.
Il  tepore che ti avvolge, che ti
abbraccia.

E ti sembra di volare dentro
l'acqua.

Dove ti avevano insegnato
di fare prima di entrarvi, un
ormai disueto, segno della
Croce.
Perché il mare ti poteva
accarezzare, ma diventare
anche boato.

Dentro cui galleggi, dentro cui
ti abbandoni.
Il viso rivolto verso il cielo,
gli occhi chiusi che si riempiono
di luce, le braccia aperte, dondolio,
risacca, in un'unica simbiosi.

Il cercare pietre levigate dalle
strane forme,  piccole conchiglie.
Il tuo suono conservato in quelle
più ricercate, grandi, come
fossero conquiste.

Suono dimenticato, come  oggetti, 
soprammobili qualsiasi.

"Ti ricordi?
Quella conchiglia che mi donasti
quando partii per quel lungo
viaggio?"

La trovai quasi nascosta sotto un
tronco, alghe, il giorno dopo una
forte mareggiata.
Leggermente rovinata ai bordi,
ormai vuota, piena del tuo suono.

Mi dicesti:
" Conservarla...avvicinala
all'orecchio...chiudi gli occhi...
ascoltala... sentine il respiro,
le onde, il canto...
quando capirai che ti manco."