Nel suo viaggio.

Quasi etereo.

Vide tra le vette di montagne, una densa nube.

Adagiata tra le vette.

A formare un bianco lago.

Cime di folte chiome d'alberi.

 Diventare un unico tappeto verde.

Su cui camminavano.

Si muovevano le nuvole e il vento.

E tra di esse, fiumi.

Che sembravano privi di corrente.

Segnare confini naturali.

Tra gli spazi più liberi da foreste.

In tante frastagliate isole.

Ruscelli.

Fili d'acqua.

Che cucivano, scorrevano.

Tra insenature, sassi.

A volte con punti lenti e a volte forti.

Pareti  tra  loro parallele.

Che tra manti di più bassa erba.

Invece di scorrere.

Sembravano creassero ricami, dei merletti.

Quel farsi poi più rado.

Lasciare posto a lussureggianti pianure.

Dove s' intravedeva l'opera dell'uomo.

Case, villaggi.

Quasi nascosti dalla vegetazione.

Corse libere di cavalli sciolti.

Apparentemente sparpagliati.

Che si spostavano velocemente insieme.

Da una parte all'altra.

In un volo che si faceva poi più verticale,  alto.

Riuscendo a vedere, tra le chiome di quegli alberi.

L'humus, il terreno.

In quel verde che così,  si trasformava.

In un profondo grigio.

Fino ad arrivare al suolo.

Da cui vedeva a tratti il cielo.

Tra luce,  rami, foglie, tronchi.

In cui il sole riusciva a creare magiche presenze.

Velate dissolvenze.

Trovarsi all'improvviso davanti al suo splendore.

Dipingere tutto.

Nella tonalità dei verdi, dei marroni.

Degli autunnali gialli.

Al rosso, al bianco.

Di piccoli delicati inaspettati, surreali fiori.

In uno skyline, tra terra e cielo.

Che di continuo si modificava.

Come in un compenetrarsi.

Susseguirsi veloce.

Di giorno e notte, di albe e di tramonti.

Poteva vedere ambienti.

Luoghi anche i più lontani.

Come se fossero vicini.

Fino a toccarli.

Diventandone un magico tutt'uno.

In quel film documentario.

In quella musica.

In quelle video immagini.

Che persone eccezionali.

Riuscivano a creare.

A cui rendere omaggio.

Che l'avevano portata.

Ad intraprendere.

Quell'incantevole.

Straordinario viaggio.