PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 17/08/2022
La madre percorreva su e giù la via, spingendo il passeggino ad una velocità sostenuta, quasi di corsa. Alle otto di sera di metà settembre le giornate erano ormai corte, il buio calava presto e accompagnava la madre nel tentativo di tutti i giorni di far addormentare il suo bambino. Solo dopo una mezz’ora circa, di solito, riusciva nel suo intento, stanca e sudata.
Si era anche immaginata di partecipare ad una maratona col passeggino, se mai un giorno l’avessero inventata.
Il piccolo aveva dieci mesi, e la madre scoprì come tutte le madri prima di lei che quella era l’età più critica. L’età in cui bisognava sorvegliarlo ogni secondo, in cui ancora non camminava, in cui non mangiava da solo e non si addormentava da solo quasi mai. Inoltre, gattonava qua e là coprendo parecchi metri in pochi secondi, arrampicandosi ovunque ignaro del pericolo e mettendo in bocca qualsiasi cosa, se sprovvisto di ciuccio.
La madre era esausta. Dopo il parto aveva dovuto occuparsi da sola del bambino, poiché il padre era scappato senza dare una spiegazione.
Le notti insonni non le contava più, si sentiva senza forze e incapace di affrontare ogni giornata.

Il bambino sembrava morso da una tarantola quando era sveglio.
Non stava fermo un attimo, afferrava qualsiasi cosa, e si lamentava con pianti infiniti se qualcuno provava a fermare il suo obiettivo.
Farlo dormire era quasi un’impresa.
E neppure nel momento della pappa le cose erano più semplici.
Si agitava eccitato e si distraeva persino per una formica.
Un pomeriggio, la madre prese il passeggino per percorrere la solita via fuori casa, avanti e indietro.
Il bambino era isterico e stanco, doveva dormire.
Dopo averlo sistemato e allacciato bene,
iniziò di gran lena a camminare.

Poco distante dalla loro casa, sulla stessa via e sullo stesso lato della strada, un’anziana signora se ne stava in veranda, a dondolarsi su di una sedia come tutti i pomeriggi. Leggeva una rivista.
Vedeva passare la madre col bambino quasi sempre alla stessa ora.
La madre, quel giorno la trovò seduta al solito posto, e la salutò:
“Buongiorno signora.”
“Buongiorno a lei cara, come va oggi?”
L’anziana alzò lo sguardo dalla rivista che stava leggendo, parlò in modo gentile e sorridente.
“Come al solito.” Disse la madre che continuò.
“Ogni giorno che passa faccio sempre più fatica a gestirlo, e fare tutto da sola è molto difficile. È parecchio irrequieto.”
“È un bambino vivace.” Disse l’anziana, che proseguì.
“Quando ero giovane io, i bambini erano più tranquilli. Diciamo che dove li mettevi stavano, come dei bambolotti.
Forse al giorno d’oggi hanno troppi stimoli. Noi non ne avevamo molti. Con un giocattolo andavi avanti mesi, e non c’erano tutte le distrazioni di oggi.”
L’anziana cercò di spiegare, e allo stesso tempo, di consolare la madre.
Quest’ultima la salutó congedandosi con un sorriso tirato.
“ Forse era meglio parecchi anni fa, come dice lei, almeno stavano fermi e si poteva avere un attimo di tregua. Arrivederci signora e buona giornata.”
L’anziana tornò alla sua lettura dopo aver ricambiato il saluto, incitando la
madre a tenere duro.
Lei tornò alla sua corsa, o quasi, col passeggino.

Dopo circa un’ora, il suo obiettivo di farlo addormentare era ancora lontano, si sentiva come un naufrago senza un appiglio.
Provò anche a prenderlo in braccio, cullandolo per diverso tempo, ma il suo mal di schiena ben presto ebbe la meglio, e fu costretta a rimetterlo sdraiato nel passeggino. Si guardò attorno per un attimo, con gli occhi lucidi e trattenendo qualche lacrima. Il bambino continuava a piangere a dirotto, come se lo stessero torturando, o almeno così pensò la madre in quell’istante.
Ad un tratto, lo guardò sbottando per un secondo.
“ Dormi, c***o!”
Lui si agitò ancora di più, aumentando i decibel del pianto.
La madre riprese la strada di casa, col viso paonazzo dalla rabbia e andando più spedita che mai.
Non ce la faccio più, pensó dentro di sè,
devo trovare una soluzione, farmi aiutare da qualcuno. Era sull’orlo di una crisi di nervi, di questo si era convinta.
Quella notte, alle due circa, il bambino la svegliò con il solito pianto. Lei si alzò per scaldare il latte e lo prese in braccio. Gli infilò il biberon in bocca.
Con molte difficoltà, dopo una mezz’ora lo fece riaddormentare.

Qualche settimana dopo, la madre era sempre più esausta, sempre più in difficoltà, sia fisica che psichica.
Al bambino, inoltre, stavano spuntando i dentini, puntuali come una specie di tempesta definitiva.
Così pensava la madre.

Basta! Basta! Ti prego Dio aiutami e dammi la forza, fallo stare tranquillo, fallo dormire, fammi dormire, fa che sia bravo.
Pregava un Dio in cui non aveva mai creduto.
Una notte, non avendo dormito per diversi giorni, il bambino la svegliò con un pianto che la fece sobbalzare. Era riuscita, stremata, a chiudere gli occhi qualche minuto, ma già dormiva profondamente.
Si alzò dal letto piena di cattiveria in corpo, e si diresse veloce verso la stanza del piccolo.
Lo afferrò con forza sollevandolo dal lettino. Poi, con gli occhi pieni di livore e stanchezza, andò in cantina.

I giorni passarono veloci, con l’autunno che ormai aveva sostituito un’estate calda e umida.
La madre, era riuscita finalmente a trovare un modo per tranquillizzare il suo bambino.
L’anziana signora, affacciata alla veranda di casa sua, scrutò l’orizzonte in direzione di casa della madre e del piccolo. Erano molti giorni che non li vedeva passare.
Seduta sulla sua sedia, si dondolava con lo sguardo fisso nel vuoto e pensierosa.
Dopo qualche minuto decise di rientrare in casa. E prese il telefono.

Nel tardo pomeriggio, dopo la telefonata dell’anziana signora, una pattuglia della polizia si fermò davanti alla casa della madre e del bambino.
Due poliziotti scesero dall’auto e arrivati alla porta suonarono il campanello.
La madre aprì dopo qualche secondo, e si sorprese di quella visita inaspettata. Li accolse in pigiama e con i capelli arruffati, appariva tranquilla. Gli occhi sbarrati dietro un sorriso appena accennato.
“ Che succede agenti? Qualcosa non va?” Chiese lei con gentilezza.
Uno dei due poliziotti le parlò con calma.
“Buonasera signora, siamo venuti a verificare che stesse bene. Abbiamo ricevuto la telefonata di un cittadino che era solito vederla passeggiare con suo figlio. E siccome sono parecchi giorni che non la vede, era preoccupato. È tutto ok?”
La madre spalancò gli occhi ancora di più, e rispose prontamente.
“È forse quell’ anziana che abita poco più avanti che vi ha chiamato? Se è lei, ditele che stiamo tutti bene qui.”
Il poliziotto continuò pacatamente.
“Non posso rivelare l’identità della telefonata, signora. Possiamo entrare e dare un’occhiata?”
La madre si sentì per un attimo spiazzata da quella richiesta. Ma senza esitazione rispose subito.
“Certo, prego accomodatevi.”
Gli agenti entrarono e cominciarono a guardarsi attorno. La casa era pulita e sembrava tutto a posto. La cucina in ordine. Nell’aria risuonava una canzone di Sergio Endrigo…” che cos’è, c’è nell’aria qualcosa di freddo che inverno non è, che cos’è, questa sera i bambini per strada non giocano più…” Nel salotto la televisione era accesa. Di fronte al divano, il bambino era nel seggiolone, dava le spalle ai due poliziotti.
“Stavo guardando la televisione con il mio bambino.” Disse la madre.
Uno dei due agenti accennò un sorriso.
L’altro si diresse verso il piccolo, e dietro di lui, la madre lo seguì come un’ombra.
Quando l’agente si trovò di fronte al seggiolone, rimase pietrificato.
Il bambino era nudo, aveva la pelle grigia, gli occhi spalancati e fissi con il ciuccio in bocca. Immobile.
La testa era stata tagliata alla base del collo e ricucita nel medesimo punto. Lo stesso per le braccia all’altezza delle spalle e le gambe nella zona dell’inguine. Il poliziotto distolse lo sguardo ed ebbe un conato di vomito.
La madre, guardò prima il figlio, poi gli agenti. Dal suo volto sembrava trapelare una certa soddisfazione.
“Visto? com’è bravo il mio bambino…”

Fine
  • Attualmente 4.33333/5 meriti.
4,3/5 meriti (3 voti)

Non è horror ma va oltre l'horror, sembrano cose impossibili e impensabili ma le pagine di cronaca ci dimostrano che la follia umana non ha limiti. Grande Sergio Endrigo.

il 18/08/2022 alle 08:06

Purtroppo è come dici. Grazie vincent del tuo passaggio buona giornata.

il 18/08/2022 alle 09:16

Speravo in un lieto fine…

il 18/08/2022 alle 17:05