Tento di tener unita come impalpabile ragnatela
questi fili invisibili, i loro dispiaceri e le loro agonie.
Mi sobbarco le loro pene per sollevarli dai loro pensieri,
e ci riesco,
fino a che quei pensieri,
diventano lacrime,
diventano le mie lacrime
e allora anch’io sento rovinare e
tracollare le mie sicurezze.
Fallimento?
E lo chiedo a chi ha percorso il mio stesso cammino,
a chi ha spinto con mano forte e decisa,
il destino atroce e crudele,
lontano, soffiando, soffiando,
spargendo i suoi semi al vento,
verso orizzonti non orizzonti,
verso colline di prati secchi al sole.
Mi riprendo e sostengo le loro pene,
ma con una forza che non ho,
non ho più,
ormai!