Passeggiavo,
vestita di un ricordo,
sulla cornice del mondo
e all'orizzonte
sfumavano i colori,
stanchi della vita,
timidi dinnanzi alla fine.
Tra la mia meraviglia
e la loro attesa
vi era uno spazio
di limiti, di tempo.
Ci separavano folli note,
suoni pericolosi:
mi sentivo attratta da quell'angolo di esistenza.
L'assurdo si impossessò di me
e si sovrapposero
immagini di felicità
al dolore del mio esilio.
Imprigionata
rimasi vittima dello stupore.
Il vento
cominciò a ferirmi il viso,
il sole
a trapassare il mio corpo
e la triste luna,
ancora nascosta,
ad impormi la sua superiorità,
lacerando ogni mio pensiero
e curandolo con veli di seta:
la giustizia
fu loro.
Mi tuffai in mare
con il dolce e triste peso del recente passato.
Il rimpianto mi minacciava
con spade di saggezza
ed io,
più che mai ansiosa
di raggiungere
l'ammirata soglia della mia vita,
arrivai in cima.
Come nuvole nell'aria
mi destreggiai tra i corpi invidiati
e guardai l'esistenza
soffocare ogni anima.