PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 05/10/2021
quanto vorrei che quella domenica mattina mi fossi svegliato con prospettive completamente diverse.Già il posizionare il piede nudo sul pavimento mi mise a disagio,addirittura l’alzarmi in piedi mi fu fatale,non tanto perché lo giudicai affrettato,ma perché mi ero ripromesso che avrei dato splendore all’appartamento e la scelta ricadde proprio su quel giorno,l’ultimo della settimana,nell’ultima domenica del mese.Caddi in molteplici abissi quando scesi le scale per recarmi in cucina.Preparai un po’ di caffè e presi in ostaggio la mia urgenza.Sul tavolo:la marmellata e il pane.Sotto il tavolo:le mie antiche paure.Accesa la tv mi proposi all’ascolto delle notizie di cronaca e attualità.Vidi tutt’attorno animarsi le tazzine,le posate,i tovaglioli,il tostapane e il cestino dei rifiuti.Essi seppero mostrarmi il sogno e il delirio.Sembrò di vivere una fiaba,la più oltraggiosa e infida.Risalii le scale e feci irruzione nel bagno.M’accettai con sufficienza allo specchio,riordinai i capelli e piansi.Qualcosa di avvilente stette per accadere.Feci il letto e spolverai,sbattei i tappeti con pigrizia e rassegnazione.Ma in ogni caso il momento fatale giunse abbastanza in fretta.L’aspirapolvere l’ebbi riposto per l’ultima volta nell’armadio,non so nemmeno dire ora da quanto tempo.Nell’angolo oscuro e sapiente di solitudine.I ricordi apparvero come in una fitta nebbia:ne distinsi i contorni,non l’aspetto nel suo insieme.Questa fobia per l’elettrodomestico risalì a quando ero bambino tra perdite e certi sospiri avvilenti.Mia madre che canticchiando ne fece uso non s’accorse del piccolo orsetto di pezza in mezzo alla stanza.Così devota al lavoro e senza marito amava parafrasare sui sensi perduti.Dunque,egli venne risucchiato con una veemenza tale che dall’altra parte della stessa io potei sentirne le sue grida,le sue agonie.Lo chiamai “Dodo” fin dai miei primi vagiti esistenziali.Quando mia madre lo estrasse e lo mise nelle mie mani scarne,io non lo riconobbi o non lo accettai semplicemente.Sembrò alquanto impuro senza più la stessa vita di prima negli occhi.Il suo destino ricadde con fragore.Il “mostro” uccise i miei sogni.Quindi quella domenica,sconfitto,rinunciai all’aspirapolvere e impugnai la solita vecchia scopa,arrugginita e morente,come può un angelo,come può nelle favole,una strega...e come può un errante abominevole.Dopo la fatica la riposi,caddi sulle ginocchia e cercai di placare l’appetito delle mie inverosimili sembianze.Ricucii l’assenza e mi proposi al divano,stereotipo delle cose mondane e prive del buon senso,mi diedi alla ruggine e procrastinai ogni altra necessità,per quest’ultime sarebbe bastato aspettare un altro po’ di tempo…forse

(Questo è un mio vecchio scritto,del “mostro”non ho più paura,però un tempo il suo uso lo trovavo fastidioso e non solo per il trauma subito…)
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Molto bello lo scritto specie per una paura superata,molto significativo

il 05/10/2021 alle 10:20

Bravo! peccato che frequenti il sito a tratti! (povero dodo, io l'avrei lavato e resuscitato!!!)

il 28/05/2022 alle 11:34

Grazie Gabry. Vediamo se al sito possa concedergli più tempo

il 29/05/2022 alle 13:41