Altissimo e muto si leverà l’addio
tra le navate della Chiesa Madre
dove bambina mi conducevi.
l’inadeguata parola sovrasterà
il campanile amico
quasi a sfidare altezze di cipressi.
il commiato, madre mia,
io te l’ho dato quand’eri ancora in vita
raccogliendo i tuoi respiri di grano,
i tuoi abbracci di fustagno,
la protezione del tuo amore
che solo alle querce strappava similitudini.
ti ho pianto nei giorni dell’amore impossibile
seguendoti fino alla vetta
più ardua del Golgota
che sapeva anticipare Primavere.
non temere, madre, oltre quel colle,
che adesso varcherai da sola,
ti attende un sole infinito,
e l’abbraccio di un Dio immortale
che la semplicità della tua vita
rivestirà con abito regale.
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