vivo dentro l’autopsia di un giorno:
nello spazio che divora altri spazi
nell’implosione delle mie cellule
nel deterioramento del mio ippocampo.
cado e ricado e poi silenzioso tracimo
fin quando possa una voragine
ottenere la mia stessa peculiarità;
vuoti associativi che s’assurgono
e dilatano le proporzioni.
cieli,mari,montagne,strade e in esse
l’uomo,
accumulatore e di sé intrinseca vertigine.
so soltanto ora che il mio domani
potrebbe avere una nuova latitudine,
un divenire
più metamorfico e impellente,
oppure schiumare distanze
e morire di una morte regressa
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