PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 21/01/2020
Lo Ziqqurat della Sicurezza svettava a quasi tremila metri d'altezza, ben più di ogni edificio della valle e di molte altre regioni vicine. Le porte dell'ascensore si aprirono sul fulgore di un'alba accecante, la piattaforma era un'isola al di sopra dello smog, delle nebbie e del rumore. Ima s'incamminò tra i rottami che ingombravano il campo di volo. Tra le carcasse senza vita ed i portelli spalancati su vani-motore vuoti riuscì a scovare una vecchia aerodina, appena coperta da uno strato di polvere rugginosa, le fiancate ancora dipinte della livrea rosso-blu. Aprì il portello, lanciando un'ultima occhiata all'orizzonte, al profilo di un enorme cargo che emergeva lentamente dalle nuvole basse, lontano. Osservando quei resti si rese conto dell'assoluta affinità di queste creature con gli esseri umani. La fibrina che secernevano in grandi quantità, indispensabile per una rapida cicatrizzazione dei tessuti, non mostrava alcuna differenza rispetto a quella umana. Lo stesso valeva per la mielina, identica al novantanove per cento. Neuroni. Questi esseri erano in grado di costruire in pochi istanti ponti tra neuroni di organismi differenti. Il loro adattamento all'uomo era a dir poco perfetto, ma affinchè un parassita si adatti a questo livello ad un ospite specifico sono necessari migliaia, se non milioni di anni.
uq era rimasto solo con sè stesso, un grumo umano ormai quasi del tutto amorfo. Possedeva ancora una mano con la quale carezzare la pelle liscia e recettiva, la mano ne rimase invischiata e vi sprofondò. Ora la mano non esisteva più e le falangi fluttuavano libere nella carne. In terra, il corpo gelatinoso di Cyanea capillata moriva lentamente, disidratato, dentro il carapace ormai inutile dello Spinal Key.
atterrò il più delicatamente possibile in un turbinio di sabbia. Ai suoi piedi aveva visto i quartieri esterni dello Zuqqurat farsi sempre più radi. Aveva consumato fino all'ultima goccia di idrogeno e non aveva portato con sè nè viveri nè acqua, sarebbe morto, ma da essere umano. Doveva solo scegliere la sua ultima cuccia. S'incamminò lungo una cresta d'arenaria ròsa dai venti inclementi, verso quello che sembrava uno sbuffo di fumo nero contro il cielo bianco. Al riparo di una guglia sporgente trasse di tasca un binocolo e si mise in osservazione. D'improvviso il bianco del cielo si sciolse in un blu cobalto e quella fu l'ultima immagine, prima della sfocatura perenne che accompagna il sonno.
  • Attualmente 4.66667/5 meriti.
4,7/5 meriti (3 voti)

siamo già morti e risorti, solo che non ce ne siamo neanche accorti. 'A Dieu Genziana.

il 23/01/2020 alle 13:18