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Pubblicata il 16/12/2019
Ti immagino lì
davanti al tuo schermo
scrivi il tuo pezzo col corpo grigio,
intonso,
coperto d'odio anch'esso intonso,
puro d'una purezza strappata
ad un omicidio ideale,
sul tuo volto illuminato dal freddo
siede un ghigno, da esso uno sputo
che affonda l'ossa nella superbia adirata del potente,
mi chiedo quale mano mosse la tua a ciò?
ti vedo là seduta,
ti vedo rotta ad ogni compromesso,
pronta a sconsacrare tutto
ciò che predichi
così piena di soddisfazione
che rieccheggia nei cuori pavidi
del tuo seguito.
del bello ho capito che è spietato,
crudele e senza equilibrio,
una dea pallida,
la Bellezza,
d'efferato effetto e nasconde
insinuato nel rifiuto morale
un cuore di serpi,
un cumulo di veleno come un velo
che distrae dalla verità.
e tu, Dea,
autocelebri la tua retorica stanca,
ecco che il biancore da candido
inizia a scurire e ciò che immagini puro
non è puro
e nel contempo ciò che era nero
d'inchiostro nero
da nero inizia a schiarire e diviene chiaro
e puro
e fanciullesca limpidezza d'un fiume, prorompente si slancia dalle Alpi,
inimmaginato abbatte argini e rive
intere città e castelli
e qualcuno cerca di ricostruirle,
grida -Tragedia!-
ma forse quei palazzi erano abusi
presi in prestito ad un paradiso che non ci appartiene.
ti immagino lì a riflettere,
sulla lingua un'altra sottigliezza
come crescesti allora
generata da lupi
così abile e rotta a rivederli ovunque
ché lo specchio interiore inganna
spesso
ma non mente
mai.
mi chiedo,
quale lupo non riconosce un suo simile?
non nacqui lupo ma lo divenni
e dal torbido
vedo zanne, canini infilzati nelle carni
e in queste misere, scarne
e disadorne membra
sconquassate dal tremito
dell'evento di nascere uomo,
riconosco,
rivedo me in te.
immagino il tuo livore,
la rabbia sorda che attanaglia
e il tuo allenato senso del calpestare;
può davvero essere bello?
uno scudo con testa di Medusa,
sacro, puro,
meraviglioso
ma volgiamo la testa altrove
ad un celeste Canova.
nel paradiso della carne
s'annida fosca cancrena,
gronda aroma sensuale
e io non sono che una casualità:
un giorno -da grande-
qualcuno capirà
ma quel giorno non verrà,
al vento riporti la rivalsa del mondo puro
lo sconfinato odio della sconfitta
vitalizia.
e all'improvviso
non ti vedo più.
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