-L’eternità ha il respiro del tempo. Ha visioni in segni e segni in visioni. -L’eterno sentire nasce vivo dalla sua origine e la sua origine vive rinascendo sentire in una sequenza d’attimi d’inaudita mitezza. E’ una felicità così profonda da naufragare isola di luce in mezzo ad un oceano di silenzi.
-Il sentire, attimo per sua stessa natura destinato a svanire, evoca testamenti di memoria, rimembranze cristallizzate d’emozioni e pulsa, e tange pur svanendo ricolmo d’essere.
-Esperito in tal modo ancora e ancora, sempre nuovo, sempre diverso nel suo essere uguale e familiare pur essendo mutato è un’esperienza d’altrove tra resti di purezza dalla sconvolgente dolcezza ch’avvolge il corpo divenuto gemito d’anima.
-Ma mentre il sentire non invecchia, la consapevolezza sì! Il respiro si fa allora più dolente nel cogliere con occhi diversi la differente mutazione permutando l’infinita sete in un singolo sorso di tenerezza, nel folle richiamo a l’immensità!
-E’ il margine attorno al quale la coscienza irretita, offre a l’intimo inganno la sua difesa, che ora s’adagia contemplante comprensione.
-L’incoscienza del tempo attraversa così il cuore ai margini dell’ascolto ed è tutto quel che resta di sensibile: un vuoto intorno al quale far crescere l’idea, l’oblio, il miraggio, una carezza infinita, la voce dell’infinito, la commozione. Una farfalla in fin di vita su una rosa appassita.
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