-Sorrise quasi a sberleffo dell’accaduto e il piglio apparso subito sul volto tradì il sospetto che quel che restava del donato era andato ormai perduto tra le nebbie e le foschie dei malintesi e dei pregiudizi , dei rancori mai risolti e dei dubbi che ancora permanevano alitanti sugli avvenimenti. Tanto che poi avrebbe avuto tutta la vita per pensarci e aversene a male per tutto quel tempo sacrificato alla vanità, alla nullità del sentire, qualsiasi cosa dal pianto di una chimera ai gusci rotti di piccoli pulcini pigolanti che dimenandosi voracemente chiedevano alla vita la loro fetta d’amore, come lui stesso non avrebbe più potuto fare.
-Ecco fu allora , pensai, che quell’uomo fu fulminato quasi schiacciato dall’enorme rimorso di non aver saputo ascoltare e capire in tempo, e perdonare, e avere o darsi la possibilità d’amare. Ricordo d’aver pensato mentre lui si dimenava nel vago vivere del giorno tra mille inutili distrazioni per uccidere il tempo e il pensiero, che gran peccato fosse restare così sospesi nell’incapacità di reagire costretti a vivere il dopo, con quell’amarezza dovuta alla consapevolezza che quasi mai ci è data una seconda opportunità per rimediare al male fatto! Quanta inutile assuefazione! Quanta misera arrendevolezza!
-Ma ero ben sicura che sarebbe stato un vero peccato se allora per lui fosse successo d’avvedersene in tempo, precludendogli così la possibilità di comprendere quanto in realtà era fragile e vulnerabile e tutta quella fermezza investita a restare immobile sul no deciso e a risolversi di non tornare indietro per revocare la decisione presa, e dare una chance diversa al proprio destino, quella stessa fermezza che lui aveva sempre ritenuto essere la sua peculiarità vincente, sarebbe stato il sigillo tombale della sua esistenza….
-Che strana che è la vita, si diverte a celare dietro ciò che crediamo essere la nostra forza, la nostra più grande condanna, il verdetto senz’appello che ci ordina d’ essere nient’altro che quel che siamo! -Quel che abbiamo deciso d’essere!