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Pubblicata il 26/12/2018
il Natale, i ragazzi,
commossi per i regali-
li hann' ricevuti i buoni e i "mali",
le sopracciglia volano,
cosi' felici, come farfalle,
ma, anche- la tristezza profonda,
che li abbraccia, come le onde:
"non sono oggi con la famiglia
o, Mio Dio, ma, quante miglia
mi separano da loro?
e, aspettare? quante ore?"
uno e' arrabbiato,
sembra un matto-
urla e grida, vuole lottare,
e desidera farsi male,
piange con un pianto senza calmarsi,
vuole farsi male, non vuole amarsi:
"non voglio stare qui! voglio con la mia mamma!",
come che urlasse: "dammi, che voglio! dammi!"
- calmati, caro, non ti feri te stesso!
sii calmo, mio ragazzo, adesso.
un bel giorno, tu andrai dai genitori,
sii pacifico, mio amore!"-
e le mani degli adulti lo tengono per non ferirlo,
quasi un ora, senza ira,
anche sperando al suo giorno felice...
non sa ascoltare, non ti dice,
urla e piange senza una pausa...
si', c'e' un caso, c'e' una causa.
Ivan Petryshyn
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quanta tristezza in questo tuo scritto.....il pianto dei ragazzi strazia l'anima , specialmente quando invocano con disperazione la vicinanza del bene per loro più prezioso ..... quello dei loro cari .....ed il NATALE per loro diventa così il giorno più triste dell'anno.....toccante e meditativo scritto che annulla la gioia che questo giorno dovrebbe regalare a tutti .......

il 26/12/2018 alle 08:14