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Pubblicata il 14/12/2018
Di lugubri echi
il terso ciel sussulta,
di pianto dissidente
gronda un rivo,
di milite baldanza
l'orda esulta
al grido vivo:
>
dal sacro talamo
forzato vai
da madre tolto
e dall'amore sincero,
da sempre in lotta
per ciò che non hai,
docil guerriero.
in veglia
intendi
l'odio è la paura,
in preda al l'incubo
urli e spari, ossesso.
in piedi resti, cieco,
nell'oscura
ombra che appresso
nell'orrore t'invola
anzi il tramonto.
nel nulla ti dissolvi,
eretto ancora
nel vallo negro,
e muto stai all'affronto
di chi t'ignora.
per l'infinito
or vaga
l'ombra mesta:
per rupi e valli
spargi le tue ossa,
per quell'odio
che perfido dissesta
la terra scossa:
col luttuoso
ulular delle sirene,
col cadenzato
ritmo degli truppe,
col crescente rancore
contro il bene
che l'uomo ruppe
su sovrani mandati
del potere,
sul bronzo
avvelenato dei cannoni,
sulla minaccia
di sanzioni austere ...
pavidi e proni
trafitti ed ormai morti,
invochiam strali,
tragedie ancora,
ancor lutti e vendette:
transustanzionati
da insani ideali,
norme perfette!
fra genocidio, dunque,
l'esistenza fragile
s'inasprisce:
ignari e stolti,
frastornati e traditi
da parvenza
d'amici volti . . .
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