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Pubblicata il 03/12/2018
Ei fu siccome immobile
dato il mortal sospiro,
strinse la panza immemore
secca più d’un fachiro,
così malmessa, sguarnita
la panza al pranzo sta,
muta pensando all'ultima
orata e all'uov pasquale;
ne sa quando una simile
frappa del carnevale
la sua bianca polvere
ad assaggiar potrà.
ella immaginando l'olio
vide il mio desco e tacque;
quando, con voce assidua,
cadde, risorse e rinacque,
al mille foglie guarnito
vista che da mo non ha:
vergin del cervo encomio
e di cotanto formaggio,
insorge or commossa al sùbito
sparir di tanto foraggio;
e scioglie un canto stitico
che forse mai s’udrà.
dall'alci a tutti l’amidi,
al Manzotin sul treno,
di quel paguro il culmine
tenea dentro al duodeno;
sognai che un dì mangiai,
dall'uno all'altro bar.
fu vera baldoria? Ai posteri
l'ardua crescenza: nui
aneliam caciotta del Massimo
fattor, che volle in lui
del creator suo alito
più vasta forma puzzar.
la porcellosa e la tiepida
salamoia non han disdegno,
l'arista d'un porco docile
serve, pensando al sugno;
e l’ungo come un proemio
ch'era follia spennellar;
tutto ella provò: la cicoria
ripassata intinta al coniglio,
l'acciuga della trattoria,
la brodaglia del triste miglio;
due polli sotto cenere,
due quaglie da frigobar.
ella si lamentò: due broccoli,
dal puzzo ancor bruciato,
malmessi in lei si sciolsero,
così aspettando il flato;
e fe’ boato come salnitro
scoppiando con gran fragor.
e pianse perché mai sazia,
chiusa da una fame immonda,
neanco un pò d’indivia
o di focaccia rotonda,
di commestibil sodio
dal salmastro sapor.
come testa di sarago
la panza si torse offesa,
la panza dal pasto misero,
empia d'avanzi e tesa,
scorrea la vista a scernere
crude carote invan;
tal che un peto dal culo
delle scorie scese.
oh quante volte ai clisteri
cagar se stessa chiese,
e sulle bianche pagine
cader la stanca man!
oh quante volte, al fallito
fiorir di cozze aperte,
di lombi assai sanguinei,
di focacce dal sem ricoperte,
strinse, e da quel dì che furono
le salse un souvenir!
e ripensò alle nobili
merende, ai pan gialli,
ai lamponi a grappoli,
ai croccanti taralli,
al crescente desiderio
del ruttar riuscir.
ahi! forse per tanto strazio
cadde lo pan dell’angelo,
e lievitò; e umida
venne la manna dal cielo,
e in più soave aere
pietanze trasportò;
e l'olio, pei sapidi
pesci della paranza,
e li scampi collo scrocchio
del pan che avanza,
fè silenzio funebre
e la cicoria trapassò.
grassa e ospital! benefica
panza ai torroni avvezza!
scrivi ancor questo, allargati;
ché più non disprezza
il male odor del saprofita
di cui giammai si privò.

tu dalle sporche ceneri
mangi ora pure la scarola:
ed il tonno che nel susci sta,
che ti sfama e ti consola,
dalla baia del Cadice
nella panza si posò.
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