Stringi e serri le palpebre.
odimi tuttavia
soffocare
ingoiando cenere sotto una lapide incisa
di rancori
incastrati nella gola
che vividi dell’illusione attanagliano il fiato,
le gambe, il petto.
promesse come ghiande lanciate ai porci
senza rimorsi
e si sciolgono castelli di ghiaccio:
io lecco in ginocchio
abbagli di palpitazioni.
le tue mani,
tesoro,
promesse d’amore sui miei seni,
ora hanno i segni dei calli
del lavoro di mesi
di quella tomba che scavavi
chiedendomi scusa.
(Vomito acido, in
liquefazione il senno
la carta e 'l cuore)
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