Faccio i conti dalla finestra con una traccia di memoria mattutina di maggio.
La canicola spopolava la strada, la valle, storpiava l'avena mentre loro tracciavano tenaci un percorso lineare lungo la statale. Sudore e testa china ratificavano l'appellativo fermezza.
Fides il nume del branco di undici, dodici.
la mia finestra è alabastro di cataratta con piombature di turbamento nella memoria esitante.
Questa memoria ignominioso pendolo variabile.
Vedo con titubanza vibrare da una tesa un ciuffo rame e un nasino caparbio.
Vedo efelidi, polvere, pupazzi di neve, alberi con avvoltoi, bambini su sellini rendersi pubblico in un quid altalenante.
Quanti erano a Santa Rosa, good grief? Dov'è l'uomo che li ha contati per decenni?
Vi erano, vero, un pitcher e un catcher per una partita ancora con conclusa? E una iattura torbida come un nubifragio senza graduatorie incoraggianti?
Nuts, o trasformo gli incanti
o mi accodo per un percorso parallelo senza cardinali?
Ma ecco, chiaro come la luce estrema, ultimo, sbucato da certe traversie ovvie, chiudeva le tracce dei minuscoli marciatori un bambino quello più grasso.
Affaticato si chinava alla soma dello zaino ma con il guidone dell'anatra.
Torace proteso verso l'avanguardia.
Da quale sorte era uscito per sostenere quella distanza dall'apripista? Sono sedotto da un archetipo detto solidarietà che tutti pensassero anche a lui per una personale affezione al termine antico.
Ma da allora in poi un airone grigio sorvolò il fiume ed strascinò tutto in un'altra storia, in una notte buia e tempestosa con un sogghigno sottile.
Caro canino amico di penna è quanto rammento.