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Pubblicata il 25/12/2017
Giulio, oggi non so
se ti è ancora vicina
quella lontana luna in epatta
ma ti immagino trepidante
alle porte dei primi inverni
quando assistevi stupito
al distacco d'informi masse
colorate d'arcobaleno
che cedevano al taglio
con "screetch" acuti,
come quelli del grès
graffiato a piedi nudi
nella fredda mansarda
dove ieri con Enrica
ci davamo piacere
dopo una corte infinita.

Negli armadi i tuoi Teatri
si son fatti oggi gramigna
per la mensa di Donatien
che portò la mano al naso
paludata di vergogne;
ed ancora più vicini
in quegli umori di cristallo
forse ancora è racchiuso latte
o lente stille di mesto pianto.

Gli essudati a cere persa
come lanterne di Rificolona
furono semi nel tuo grembo,
e persistono ancora vitali
come acque trascinate a valle
fra le nebbie d'Appennino.

(a Giulio Gaetano Zumbo, ceroplasta)
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