Nero l’aspetto, la piuma riluce,
il becco assai lungo il verbo produce.
brillante favella, sicura e gentile,
ma del truce discorso non è dato capire.
gracchia animale senza farti sentire,
accusi piangente senza colpo ferire.
e dal “Lingotto” ne esci vincente,
hai già rottamato la parte eccedente.
fuori la feccia, a tuo sacro dire,
il colore che cambia senza eccepire.
gli sguatteri in festa rialzano il tono
e chiedono urlanti di non conceder perdono.
di certo non brilla l’antagonista,
da volta gabbana ad opportunista.
il mesto passaggio a volo radente,
il corvo che ride da impenitente.
il tuo primo atto ha posto l’accento,
ha deragliato e lasciato sgomento.
la pulitura or ora è compiuta,
all’ottuagenario hanno tolto la iuta.
“O Capitano o mio Capitano”
sei stato sedotto con una stretta di mano.
il lestofante ti ha cinto l’assedio
e al momento non trovi rimedio.
“O Capitano o mio Capitano”
sei accusato di non capir l’italiano.
sei tu la causa della restaurazione,
il nido è già caldo per la sua redenzione.
“O Capitano o mio Capitano”
agisci fai presto non ceder la mano.
la Benemerita fai risvegliare,
tu nei fai parte, fatti aiutare.
cerca Caronte e fatti indicare,
su quale tavolo deve cenare.
agisci veloce e sciogli lo schema,
ai commensali devi toglier la pena.
ora si “O Capitano”
l’orgoglio prevale nel tenerti la mano,
sicuri di certo che il corvo nefasto,
avrà la sua fine in un tino di mosto.
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