A tutti coloro che con la propria presenza si prendono cura di questa casa.
Proprio così 373, nella maniera piu naturale, parola dopo parola. Quella che sorregge i pilastri e rinnova gli intonaci, quella che raccoglie ancora attorno al suo fuoco. Quella che quando le dai la luce, dimostra l'incoerenza della perfezione... e la vastità illusoria del vuoto. A rileggerti.
Proprio così 373, nella maniera piu naturale, parola dopo parola. Quella che sorregge i pilastri e rinnova gli intonaci, quella che raccoglie ancora attorno al suo fuoco. Quella che quando le dai la luce, dimostra l'incoerenza della perfezione... e la vastità illusoria del vuoto. A rileggerti.
Un cammino di sogni e magia! Nell'armonia della poesia! Molto bella e piacevole nella lettura. Un saluto
In questo tipo di case sogno e magia sono l'arredo. Il desiderio di esprimere i propri sentimenti unitamente al proprio punto di vista è la struttura portante. La parte più interessante è la finestra... ha una prerogativa di immenso valore. Ognuno ci può osservare ciò che desidera vedere. Grazie per il passaggio Fiordipsiche.
E' la casa delle memorie avvolta dalla sua foschia grigio-azzurra con solidi pilastri. Tutto ciò che accade l'attraversa e si disperde. Vi sono quattro cose che mi sconcertano: lei beve l'acqua salata a meno che non sia al bordo di un lago, la finestra a cui fai cenno nel commento non appare, non comprendo bene quale sia la rinuncia e chi la mette in atto e, ultima perché si chiama la casa della penna blu? Comunque è tutto malinconicamente evocativo.
La casa è quella in cui siamo Mariano, P.H. La immagino fondata sul mare, dove la donna sorseggia l'elemento che ama e chiede a chi può prendersi cura della casa e di farlo con le armi che ha (in fondo tutte contenute in un alfabeto). La finestra? Beh si, c'è e ci si affaccia per attingere l'ossigeno che arriva dal mare delle sensazioni dei coinquilini. La rinuncia... beh Mariano, tenere la finestra chiusa e no, quello non va. Sei passato qui e con interesse. Grazie.
Una casa che ha un sentore di piazza, alla sera. Piazza di paese, anni 67/68... ognuno raccontava a modo proprio, accovacciato sulle sue stesse gambe o seduto su quattro assi tarlate o magari per terra. Le età erano le più disparate, le storie erano le più disparate e ascoltarle, ah si...ascoltarle era vita. Chi le sussurrava, chi le urlava, chi le masticava, chi le vomitava, chi le ricamava e si faceva notte fonda e si stava assieme e si andava via che anche se eri solo non eri mai solo. Questa casa mi ricorda quell'agorà di allora Ugo e qui mi siedo, talvolta, serena.