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Pubblicata il 09/10/2017
la mia mano ha un nome.
ma solo a volte.
guardala. A volte ha le ali al petto, e trema, come una pulce dipinta su intonaco rovinato.
e' di quell'ocra irrancidito di un pulcino che si è scordato di crescere, ma non di invecchiare.
ma ascoltala, quando sussurra.
non parla di cose liete, parla di cose che non interessano le ali della libellula, ne' il canto del rospo la sera. E' il viola illividire del crepuscolo mentre fuori l'effimera si spegne.
a volte, quel nome è disperazione.
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Una costruzione prosastico-poetica (se lo possiamo dire) davvero, davvero interessante. Apprezzata da me. Il nome riferito ad una parte di sé di solito sta ad indicare una parte dolente: la mano è una parte fondamentale dell'agire. Nel caso descritto è contratta in un susseguirsi di decadimento che conducono al luogo più degradato di uno spirito irredento al punto da perdere l'identità. Cosa ha compiuto quella mano? E' impossibile che non si allarghi? Nei tuoi precedenti luoghi poetici ti riferisci ad ali di corvo, ad animali; persiste allora un mondo esterno a cui guardare senza introflessioni: perché non descriverne i moti viventi? E' uno splendido gioco che ci giustappone al mondo. Le facoltà, a mio parere, sembra che tu le abbia. Uno sprone, se mi è consentito, senza finalità psicopedagogiche. Non né ho né facoltà né tornaconto morale.

il 10/12/2017 alle 18:50

questa è una di quelle poesie dove pur essendo immerso dentro me stesso non dipingo quello vedo, cosa che comporterebbe un'interpretazione, ma ricopio le parole che vi trovo scritte sui muri, senza alterarle. Quindi le mie ipotesi sulla stessa, pur conoscendomi meglio (credo), valgono quanto le tue.

il 11/12/2017 alle 09:57

Molto interessante questo stilema che ricalca le altrui espressioni, nella fattispecie scritte murali, senza porvi interpolazioni. Non comprendo però perché non vi possa essere interpretazione, considerato che è un'osservazione esterna. Vi sono delle piccole contraddizioni nella tua spiegazione (immersione in se stessi - copia senza alterazione) ma forse più che di interpretazione si potrebbe parlare di trasposizione mediata. Non si hanno altri indizi che conducano ad una corretta comprensione. Difficile è l'esame critico del dettato a questo punto. Inoltre le 'ipotesi sul componimento' valgono come 'certezze' in quanto l'estensore sei tu e sei a conoscenza dei suoi meccanismi.

il 11/12/2017 alle 14:57

può esservi interpretazione: in alcune poesie interpreto quello che vedo, in questa no, è una scelta non una costrizione, è un ascoltare per poi riportare, senza alterare. Le mie ipotesi valgono quanto le sue.. anche se mi conosco, mi conosco attraverso la parte razionale. la parte emotiva non ha scopo, esiste per esistere, esiste per provare. donarle un'interpretazione, vuoldire donarle uno scopo, utile per vivere, ma riduce l'infinita miriade di sfaccettature della sfera che rappresenta la verità a una sola; a un punto di vista. la maschera che vi apporrei varrebbe quanto quella di chiunque altro. la parte emotiva (o il subconscio o che ne so) non comprende le parole nella maniera in cui le comprendiamo noi parti razionali, le usa per i suoni le usa per i colori , le usa a volte perchè sono le prime a uscire dal sacchetto della memoria da cui le prende. Forse sono un messaggio, forse sono uno scherzo, forse sono un grido d'aiuto, forse sono solo a caso.

il 11/12/2017 alle 15:10