Ore 6:00. La sveglia gracchiava la sua noiosa cantilena. Anna si alzò dal letto a fatica, preparò la colazione, si fece una doccia rapida, uscì.
lo avrebbe visto? Forse era in facoltà… Forse sull’autobus… Forse… E intanto Anna pensava a come si sarebbe potuta comportare, a cosa avrebbe potuto fare per non sembrare disperata. Del resto il momento dell’autobus era il momento dell’autobus: da mesi sull’autobus rifletteva a come avrebbe potuto fare per non mostrare la sua disperazione. Perché di questo si trattava: disperazione. Respinta, rifiutata, sola… E quindi l’autobus. Del resto le nostre giornate si compongono di tanti momenti e fra questi ci sono i momenti delle cose, sono momenti fondamentali in cui ogni cosa stimola una riflessione, un pensiero, una svolta. Nei momenti delle cose ci si può ritrovare, ma Anna ancora non si era ritrovata… Si attendeva, ed era in pensiero per sé stessa perché ancora non si vedeva tornare. Lei era lì, ma la sua anima viaggiava per mondi lontani nel tentativo di evadere dalla monotonia alla quale era costretta. Non era facile, non lo era mai stato. E in ogni momento ricordare lui, la straziante monotonia del dolore che torna e ritorna ed esige di essere provato. In ogni momento sentire il bisogno… Nella schiavitù del bisogno si compiono gli errori più grandi, e con l’anima piena di bisogno Anna aveva fatto la sua dichiarazione a lui, e oggi cosa sarebbe successo? Ma il bisogno muove il mondo, forse il bisogno è l’unica costante che c’è in tutte le cose, del resto il mondo stesso si muove per bisogno e i momenti delle cose arrivano per bisogno. Eh si, c’era e c’è una sublime correlazione fra il bisogno e i momenti delle cose proprio perché i momenti delle cose danno la manifestazione più estrema di bisogno, è l’inarrestabile affibbiare il proprio dolore a qualcosa: così accade per il dolore fisico, così accade per il dolore dell’anima.
l’autobus si fermò bruscamente, Anna era arrivata. Fece pochi metri, incontrò Laura e Michele
“Anna! Quanto tempo!” disse Laura con un tono di voce che superava di molto la soglia di una normale conversazione.
“Ma guarda come siamo belle oggi!” disse Michele in modo del tutto falso. Laura e Michele stavano insieme ma non si erano mai piaciuti. Era un ripiego, del resto alcuni soffrono del bisogno perché amano, altri amano perché soffrono del bisogno, Anna rientrava nella prima categoria di persone, loro rientravano nella seconda, eppure sembravano felici…
“Ciao ragazzi, sto bene grazie, voi?” Ma nella testa di Anna si parava tutt’altra domanda mentre poneva questo quesito: ma perché bisogna sempre dire il falso? Ora anche loro diranno di stare benissimo e il cerchio si sarà chiuso: avremo tutti mentito…
“Benissimo!” Rispose prontamente Laura
“Ragazzi io sto entrando in ospedale, devo proprio andare adesso!”
“Possiamo offrirti la colazione?” Domandò Michele apparendo molto gentile
“Guarda Michele mi farebbe molto piacere ma adesso proprio no, sono in ritardissimo”
“Non preoccuparti allora!”
anna salutò educatamente e si voltò per andare via… in quel momento avrebbe avuto tempo per fare colazione solo con una persona, e quella persona non c’era. E forse la sua assenza era la cosa migliore per Anna, una sorta di salvezza che non sarebbe durata al lungo, prima o poi avrebbe dovuto affrontarlo, entrò a reparto, andò nella stanza dei tirocinanti e iniziò a firmare i fogli delle presenze, per errore vide il foglio sotto il suo: c’era il nome di lui. Avrebbe fatto tirocinio lì, in quel giorno, in quell’orario. Anna si disse di stare calma ma nulla… lui sarebbe arrivato a momenti e lei non aveva la lucidità per mettere in ordine le idee e capire il da farsi… Ormai il tirocinio non era più spostabile… Indossò il camice velocemente, sentì il cuore batterle tanto forte da non permetterle di respirare, le mani freddissime, una lacrima le rigò il volto. Si ricompose, si voltò e aprì la porta per uscire.
lui era lì.