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Pubblicata il 12/05/2017
mamma, il tempo chiede asilo

allo stupore delle tue pupille

e l’alfabeto attinge

alla ricchezza dei tuoi vezzeggiativi.

mamma, tu detieni le chiavi

del sole inesauribile,

anche quando, nuvole di pianto solcano il tuo viso

e la casa sprofonda in una nebbia di silenzio.

mamma, mi donasti un’ infanzia

di pane fragrante, di acqua di fonte,

di uve passite al sole del sud.

serbo ancora, intatta, l’innocenza

che in giorni lontani plasmasti con le tue mani

avvezze a scalare montagne di fatica.

mani abili a cucire cieli

per i nostri aquiloni di fanciulle,

per i nostri saltelli alla campana,

nei meriggi assolati, di controra.

mamma, riaffiora dal video dei ricordi,

il profumo di mirto dei tuoi bucati,

quel candore di percalle e di vigogna

di cui il mio Dash ultrabianco si vergogna.

tu sai di ninne-nanne e di carezze

di inverni col braciere e di certezze,

di camiciole di tiepida flanella

per rendermi l’infanzia ancor più bella.

mamma, sei quell’albero frondoso

che agli affanni della vita dà riposo,

e nulla chiede, nulla per sé spera,

solo un sorriso, solo una preghiera.

mamma, parola d’amore,

sia se detta dal labbro di un bimbo,

sia se detta da un vecchio che muore.

quale meravigliosa alchimia il cuore infiamma

ogni volta che un figlio chiama, mamma.
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