quando mite si disintegra il sapore di amarene in bocca, sanguinario mordere
coi denti crepati l’incenso denutrito di una Chiesa che aspetta gli sposi e agita candele
e s’agitano lucidate dai sospiri queste membra, di un bacio inatteso
che ancora si fa attendere.
un liquido gemito di passi che cavalcano l’uscita, s’ingorda lo spazio
come un qualsiasi viaggio nell’attesa di te mi spavento e nella chiusura degli occhi, i gomiti cedono al sonno.
l’attesa qualsiasi di ritrovarsi pieni d’edere a scoprire d’addio un posto pieno di buchi nel cuore
ha esordito la mia sposa grattando l’uscio del nido
invadente come il sole
come solo una mano tra le cosce non gradita il suono, più che suono urlo
di non graditi appigli a queste nuvole che aspirano alla pioggia ma ancora sono ingorde d’esserci.
un rituale, i cerchi di blu su lingue, lingue nude, lingue morte che scavano nella roccia
alcuni nomi pesanti, strappati come quei vestiti di noi che ci amavamo
e chiedevamo di più e subito su lividi i gessi a significare l’incisione
da mortificare, da ritrattare per altre braccia, altri alberi, altrove rimane.
un inquieto pomeriggio simile al fuoco che tende a soffocare quando con la mano
chiudo.