Spesso invadevi i lieti, casti, sonni
mutandoli in tormenti passionali
nel sogno ti prestavo la mia mano
e noi cullati, sospesi, s’uno stelo
al centro d’una corolla, sugli stami
i capelli impollinati, umidi e gialli
sciupavamo i nostri corpi sotto il sole
come quegl’insetti che alla Primavera
quando sussurra i comandi alla natura
obbediscono al richiamo dell’amore.
erano quelli i tempi giovani dell’ardore
dei primi approcci timidi e impacciati
degli incontri clandestini per le scale
dei nostri sessi sempre palpitanti e pronti
del furto delle chiavi di quella porta
che schiudeva su ogni nostro desiderio
e quella panchina schiva e imbarazzata
in fondo al viale, nel Perìpato ombreggiato?
ascoltava le nostre più audaci fantasie
soddisfatte appena tramontato il sole.
ma a quell’età, vagabonda e scanzonata
s’inseguono i vertici d’una perfetta sfera
e dopo te solo amori e virgole e mai a capo
un periodo che pare destinato a non finire
che stanca alla lettura e si disperde vano
ma quando vista stenta e barba imbianca
si smette di cercare in fondo al mare
si guarda finalmente dentro il cuore
e nel labirintico vagare ho ritrovato te
il primo Ibisco colto e mai dimenticato.
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