l tempo delle trebbie
pulsavano come un cuore sulle aie
nei bordi frastagliati del paese,
un cuore con una leggera aritmia,
battevano spesso colpi a vuoto
i nastri che frusciavano sul ferro
lucido e rovente dell’estate.
portavano solo polvere di niente.Intanto l’oro che scendeva lento,
spesso a stento senza quella allegria,
che invece era negli occhi
dei piccoli, incoscienti ed affamati.Riempiva scarni sacchi di fatica.Le trebbie pulsavano d’estate
intorno a loro sudava il mio paese
la loro vita durava circa un mese
come la speranza della gente
che alla fine della giostra
e delle belle giornate
tornava mesta al clima delle nebbie
e all’odore acre delle vinacce.
le facce delle donne al mio paese
avevano il sorriso della primavera,
mentre pulivano delle erbe il grano,
e cantavano in una sola voce.
“...Lucia si chiamava era innocente…”
le mani delle nostre contadine
non erano certo quelle delle madame
ma la sera, lungo le contrade,
ricamavano leggere, merletti e trine.
dentro le case non c’era quasi niente
e di quel poco profumavano le cucine,
mentre i bambini giocavano per strada
o disegnavano col fiato sulla vetrina,
progetti che duravano solo un istante.
il tempo delle trebbie era ogni anno
prima della festa del santo patrono,
la polvere riempiva l’aria e si posava
sui piatti della conserva come una farina.
fischiavano le cinghie sulle ruote
battevano i covoni del biondo grano,
mentre alla gente non restava in mano
altro che la polvere del tempo,
chiusa immota nella rabbia di un pugno.
sull’aia a Difensuola o giù a Faugno.
le trebbie sulle aie del paese
lungo il merletto frastagliato delle case
erano la colonna sonora dell’infanzia
e del mio giovane giugno ormai lontano.
ora é il tempo uggioso delle vinacce.
ed io spigolo tra la nebbia dei crinali
e tra mille volti stranieri e senza facce
le tracce delle musiche infantili.
e col fiato disegno sopra i vetri.
ancora quel sole, che mi manca da bambino.