PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 13/08/2016
Canto la mia rabbia
dal ritmo incessante
di chi cresce
di sogni e cultura primordiale,
di chi vede
sulle proprie labbra
le escrescenze
di un arido futuro,
di chi detesta
ciò che ha fatto
come uomo
ma lo rifarebbe ancora.
canto,
e cantare e dire poco,
urlo il mio silenzio
per la pace interiore,
con le mani sporche
di un amata terra
che più non produce,
mani secche e consumate
dagli anni di apprendistato,
dalle pagine sfogliate
senza capirne il senso.
ora il mio riflesso
rapisce l’ora che non ritorna,
disteso sopra un’aperta radura,
confortato dal volo
delle falene,
canto,
e la mia voce si fa flebile,
dissonante, distorta,
diviene il lamento
della civiltà ultraottantenne,
il sorriso di un bambino
che gioca,
le dolci e calde parole
della donna che ami.
solo l’eco della tolleranza
può fare da strumento
a questa mia lenta canzone,
che torni nella polvere
là da dove tutto è venuto.
  • Attualmente 5/5 meriti.
5,0/5 meriti (2 voti)