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Pubblicata il 06/04/2016
"[...] interrogato."
ciò a cui pensava il ragazzo quella mattina non era l'interrogazione. O comunque, l'interrogazione era l'ultima cosa alla quale avrebbe pensato.
"[...] interrogato." ripetè la professoressa.
"Non sono.." provò a dire il ragazzo con un filo di voce, continuando a fissare la vastità del muro di fronte con occhi sbarrati, di ghiaccio, quasi assenti. Riprovò a parlare, impegnandosi a pronunciare quelle poche parole "Non sono in condizioni mentali per sostenere l'interrogazione, professoressa. Mi scusi. Mi metta impreparato."
"Cosa stai dicendo, [...]? Vieni alla lavagna, non fare.." Non riuscì a terminare che irruppe la bidella nell'aula, con occhi pieni di lacrime che non riuscivano a colarle lungo le guance. "Professoressa, scusi l'interruzione, potrebbe uscire un attimo [...]?"
"No, deve essere interrogato."
"Ma è una questione urgente!" All'ennesimo rifiuto della professoressa, la bidella le si fece più vicina per bisbigliarle qualcosa all'orecchio. La professoressa rimase assorta per qualche secondo, quasi stordita da ciò che aveva appena ascoltato. Poi si ricompose e guardò il ragazzo, che a malapena riuscì a seguire la bidella con lo sguardo. Sapeva che il ragazzo si aspettava la notizia, ne era certa. D'altronde, egli se la aspettava ogni giorno, senza sapere quando l'avrebbe effettivamente ricevuta. E non sapeva che quella mattina le sue lacrime sarebbero state le ultime, come non sapeva altre cose.
"[...], esci con me un attimo."
"È morta, vero?" chiese il ragazzo continuando a fissare il muro, senza scomporsi e senza esitazioni. La professoressa lo guardò attonita.
"È morta, vero? Mi dovete dire questo." ripetè il ragazzo. La bidella e la professoressa si scambiarono un'occhiata preoccupata. Infine la professoressa raccolse il coraggio, e l'unica cosa che riuscì a dire fu "Si.", rotta da un singhiozzo. Il ragazzo la stava fissando. Le lacrime gli avevano già bagnato più e più volte le guance in quei pochi istanti. Non si scompose nemmeno allora, quando ricevette la notizia. Nè si scompose quando alcuni compagni gli si strinsero intorno a consolarlo senza bene sapere perchè. Nè loro, nè tantomeno il ragazzo, sapevano cosa sarebbe successo. Egli non ricordò nulla, si alienò dal mondo quella mattina senza farvici più ritorno. Non ricordò neanche i gesti successivi alla notizia, nè quelli della mattina dopo. Non sapeva cosa avrebbe fatto, nè perchè. Si arrese. Si arrese di fronte alla vita, la vita da lui tanto odiata fin dalla sua nascita. Si arrese alla sua eterna nemica, e abbracciò la tanto evocata morte. Una morte evocata senza mai agire. Una morte amata senza mai effettivamente morire. Ciò che riuscì a fare dopo la notizia fu solo annotare sul banco la data e l'orario. Quel giorno, dopo essere tornato a casa, rimase solo senza voler vedere nè sentire alcuna persona. Non perchè lo volesse lui. Ormai era già morto. Ormai il processo iniziato anni fa si compiva. E madre e figlio morivano insieme. Il ragazzo non sapeva tutto questo, non lo avrebbe mai saputo. Sarebbe potuto capitare quel giorno, il giorno prima, o anni dopo. Non sapeva quando sarebbe accaduto. Sapeva solo che sarebbe successo, prima o poi. In cuor suo, lo sentiva. E si arrese, trovò la pace solo quando accadde. Senza neanche accorgersene. E madre e figlio morivano insieme.
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Bella!

il 06/04/2016 alle 08:34

troppo.... troppo toccante......spero soltanto sia pura fantasia....

il 24/10/2018 alle 19:46